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Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione
e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per
l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita
nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse
si sono palesate al nostro senso. […]
[...] Grande cosa
è certamente alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino
a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne
e far manifeste all'occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e
che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte.
[…] »
« […] Bellissima
cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna,
lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come
distasse solo due di queste dimensioni; così
che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte,
la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte
maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza
della sensata esperienza chiunque può
comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia
e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra,
piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti.
[…] »
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« […]
Da osservazioni più volte ripetute di tali macchie fummo tratti
alla convinzione che la superficie della Luna
non è levigata, uniforme ed esattamente sferica, come gran numero
di filosofi credette di essa e degli altri corpi celesti, ma ineguale,
scabra e con molte cavità e sporgenze,
non diversamente dalla faccia della Terra, variata da catene di monti e
profonde valli. Le cose che vidi e da cui potei trarre queste conclusioni,
sono le seguenti:
Nel quarto o quinto giorno dopo la congiunzione,
quando la Luna ci mostra i corni splendenti, il
termine di divisione tra la parte scura e la chiara non si stende uniformemente
secondo una linea ovale, come accadrebbe in un solido perfettamente sferico,
ma è tracciato da una linea ineguale, aspra e assai sinuosa.
Infatti molte luminosità come escrescenze
si estendono oltre i confini della luce e delle tenebre,
e per contro alcune particelle oscure si introducono nella parte illuminata.
Di più: anche gran copia di piccole macchie
nerastre, del tutto separate dalla parte oscura, cospargono quasi tutta
la plaga già illuminata dal Sole, eccettuata soltanto quella parte
che è cosparsa di macchie grandi e antiche.
Notammo pure che le suddette piccole macchie concordano,
tutte e sempre, in questo: nell'avere la parte nerastra volta al luogo
del Sole; nella parte opposta al Sole invece sono coronate da contorni
lucentissimi, quasi montagne accese.
Uno spettacolo simile abbiamo sulla Terra verso
il sorgere del Sole quando vediamo le valli non ancora illuminate e splendenti
i monti che le circondano dalla parte opposta al Sole: e come le ombre
delle cavità terrestri di mano in mano che il Sole si innalza si
fanno più piccole, così anche queste macchie lunari, al crescere
della parte luminosa, perdono le tenebre.
»
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«
Veramente non solo i confini tra luce e tenebre si scorgono nella Luna
ineguali e sinuosi, ma - ciò che desta maggior meraviglia - nella
parte tenebrosa della Luna si mostrano moltissime cuspidi lucenti, completamente
divise e avulse dalla parte illuminata e lontane da questa non piccolo
tratto: che a poco a poco, dopo
un certo tempo, aumentano di grandezza e luminosità: dopo due o
tre ore si congiungono alla restante parte luminosa già divenuta
più grande; frattanto altre e altre punte come pullulanti qua e
là si accendono nella parte tenebrosa, ingrandiscono e infine si
congiungono anch'esse alla parte luminosa che si è venuta sempre
più ampliando. La figura precedente
ci offre un esempio anche di questo fenomeno.
E sulla Terra, prima che si levi il Sole, mentre
ancora l'ombra occupa le pianure, le cime dei monti più alti non
sono forse illuminate dai raggi solari? non s'accresce in breve tempo la
luce, quando le parti medie e le più larghe dei monti si illuminano:
e finalmente, sorto già il Sole, non si congiungono le illuminazioni
delle pianure e dei colli?
Le varietà di tali protuberanze e cavità
della Luna, sembrano poi superare d'assai l'asperità della superficie
terrestre, come dimostreremo più innanzi.
Frattanto non passerò sotto silenzio un
fatto degno di attenzione che osservai mentre la Luna si avviava al primo
quarto, come la mostra il disegno che sopra abbiamo riprodotto: nella
parte luminosa penetra un grande seno oscuro, collocato verso il corno
inferiore, il qual seno avendo io a lungo osservato e scorto del tutto
oscuro, finalmente dopo circa due ore cominciò a spuntare, poco
sotto il mezzo della sinuosità, una sorta di vertice luminoso; questo
a poco a poco crescendo prendeva figura triangolare e rimaneva del tutto
staccato e separato dalla faccia luminosa; poco dopo attorno a quello cominciarono
a luccicare tre piccole punte, fino a che, volgendo già la Luna
al tramonto, la figura triangolare, estesa e fatta più ampia, si
univa alla rimanente parte luminosa e grande come un grande promontorio,
ancora circondata dai tre punti ricordati, si diffondeva nel seno tenebroso.
Inoltre, all'estremità dei corni, sia superiore
che inferiore, emergevano alcuni punti luminosi e completamente disgiunti
dall'altra parte luminosa, come si vede rappresentato nella figura precedente.
Nell'uno e nell'altro corno era gran quantità
di macchie scure, sopra tutto nell'inferiore; ed appaiono più grandi
e oscure le più vicine al limite tra luce e tenebre, le più
lontane meno oscure e più sbiadite.
Sempre però, come anche sopra ricordammo,
la parte nericcia della macchia è rivolta verso l'irradiazione solare,
mentre un contorno luminoso circonda la macchia nericcia dalla parte opposta
al Sole e rivolta alla parte oscura della Luna.
Questa superficie lunare, là dove è
variata da macchie, come occhi cerulei d'una coda di pavone, appare simile
a quei vasetti di vetro che, posti ancora incandescenti in acqua fredda,
acquistan superficie screpolata e ineguale, onde son detti dal volgo bicchieri
di ghiaccio.
Invero le grandi macchie della Luna non si vedono
così rotte e ricche di avvallamenti e sporgenze, ma più uguali
e uniformi; infatti spuntano solo qua e là
piccole zone più luminose, cosicché se qualcuno volesse riesumare
l'antica opinione dei pitagorici, cioè che la Luna sia quasi una
seconda Terra, la parte di essa più luminosa rappresenterebbe meglio
la superficie solida, la più scura quella acquea; e non mai ebbi
dubbio che, guardato da lontano, il globo terrestre illuminato dal Sole,
la superficie terrea si presenterebbe più chiara, più scura
la parte acquea.
Inoltre nella Luna le grandi macchie si scorgono
maggiormente depresse delle parti più luminose;
infatti, sia la Luna crescente o calante, sempre al limite fra luce e tenebre
sporgono attorno alle grandi macchie i contorni della parte più
luminosa, come osservammo nell'illustrare le figure; e i confini di quelle
macchie non sono soltanto più depressi, ma anche più eguali
e non interrotti da pieghe o asperità.
La parte più luminosa invero sporge sopra
tutto in vicinanza delle macchie, così
che avanti la prima quadratura, e assai probabilmente anche nella seconda,
attorno a una certa macchia posta nella parte superiore o boreale della
Luna, si ergono notevolmente sopra e sotto di quella grandi sporgenze,
come mostrano le figure. » |
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E voglio anche ricordare un'altra cosa che notai non senza una certa meraviglia:
quasi nel mezzo della Luna vi è una
cavità maggiore di tutte le altre e perfettamente rotonda di figura:
questa scorsi in vicinanza di entrambe le quadrature, e per quanto mi fu
possibile riprodussi nelle due figure poste qui sopra: per quel che riguarda
l'adombramento e l'illuminazione offre lo stesso aspetto che sulla Terra
offrirebbe la regione consimile della Boemia, se fosse da ogni parte circondata
da monti altissimi, e disposti a circolo perfetto; nella Luna infatti è
circondata da monti così alti che la regione estrema confinante
con la parte tenebrosa di essa si vede illuminata dal raggio solare prima
che il limite tra la luce e l'ombra raggiunga il diametro della figura
stessa.
Come nelle altre macchie, la parte ombrosa di
quella guarda il Sole, la parte luminosa è volta verso la parte
oscura della Luna; per la terza volta richiamo
l'attenzione su questo, come su una inoppugnabile testimonianza delle asperità
e ineguaglianze che sono su tutta la parte più chiara della Luna:
tra queste macchie, sempre le più scure sono quelle vicine al confine
tra luce e tenebre; le più lontane invece appaiono ora più
piccole, ora meno oscure; così che, quando
la Luna, all'opposizione, è piena, assai poca differenza corre tra
l'oscurità degli avvallamenti e il fulgore delle cime.
Le cose che abbiamo riferito si osservano nella
parte più luminosa della Luna; nelle grandi macchie non si vede
tanta differenza di cavità e sporgenze, quale arguimmo necessario
porre nella parte più luminosa per il mutare delle configurazioni
col variare dall'una all'altra delle illuminazioni del Sole, secondo le
molteplici posizioni dalle quali esso guarda la Luna: nelle grandi macchie
invece esistono brevi aree leggermente più
scure, come notammo nelle figure; tuttavia
esse si mostran sempre uguali, né aumenta o diminuisce la loro opacità,
ma con differenze minime appaiono ora più scure, ora
più chiare, a seconda che i raggi del Sole incidono in esse più
o meno obliqui: le congiunge inoltre con le
parti vicine delle macchie una specie di lieve legame, e mescolano e confondono
i confini.
Diversamente invece accade nelle macchie occupanti
la superficie più chiara della Luna: infatti come rupi erte e con
aspri ed angolosi scogli, si staccano l'una dall'altra con netti contrasti
di luci ed ombre.
Tra queste grandi macchie si vedono piccole aree,
alcune chiare e alcune perfino lucentissime: invero queste e quelle più
scure hanno sempre uguale aspetto e nessuna mutazione di figura, luce,
opacità: così da non esser più dubbio che quelle appaiono
per una reale disuguaglianza delle parti e non soltanto per ineguaglianze
nei loro aspetti in conseguenza delle diverse illuminazioni del Sole, moventi
le ombre in modi diversi, come accade invece nelle altre macchie minori
che occupano la parte più chiara della Luna.
Quelle di giorno in giorno cambiano aspetto, aumentano,
diminuiscono, scompaiono, poiché traggono origine soltanto dalle
ombre delle parti elevate.
Ma a questo proposito so che molti sono grandemente
perplessi, e colpiti da una difficoltà tanto grave da costringerli
a revocare in dubbio una conclusione spiegata e confermata da tante apparenze.
Se infatti quella parte della superficie lunare che più luminosamente
rimanda i raggi ha tanti anfratti, protuberanze e avvallamenti, perché,
quando la Luna cresce, le parti estreme che guardano a occidente, e, quando
decresce, quelle rivolte a oriente, e, nel plenilunio, tutta la circonferenza,
non si vede ineguale, scabra e sinuosa, ma esattamente circolare, e senza
protuberanza alcuna né cavità?
Tanto più che l'orlo intero si compone della sostanza più
chiara della Luna, che dicemmo tutta prominenze e cavità; infatti
nessuna delle grandi macchie si spinge fino al limite estremo della circonferenza,
ma tutte si vedono radunate lontane dall'orlo.
Espongo la duplice causa di questo fenomeno,
che offre appiglio a dubbi tanto gravi, dando perciò duplice spiegazione
al dubbio. In primo luogo se le protuberanze e le cavità del corpo
lunare si estendessero solo secondo la circonferenza terminale dell'emisfero
a noi visibile, allora la Luna potrebbe, anzi dovrebbe mostrarsi a noi
quasi simile a ruota dentata, col contorno ricco di bozze e sinuoso: però
se non una sola catena di monti disposta unicamente intorno alla circonferenza,
ma molte file di monti con loro valli e anfratti si trovano disposti parallelamente
attorno alla periferia della Luna, e non solo nell'emisfero visibile, ma
anche in quello invisibile (sempre presso il confine tra l'uno e l'altro),
allora un occhio che guardi da lontano non potrà assolutamente vedere
il distacco tra le parti elevate e le cavità, perché gli
intervalli tra i monti disposti nello stesso cerchio, cioè nella
medesima serie, sono nascosti da altri monti disposti in altre e altre
file, soprattutto se l'occhio di chi guarda sarà posto sulla stessa
retta con le cime delle dette elevazioni.
Così sulla Terra i gioghi di molti e fitti
monti appaiono disposti su una stessa superficie piana se colui che guarda
sta lontano e ad eguale altezza. Allo stesso modo i vertici delle onde
di un mare tempestoso sembran distesi secondo uno stesso piano, quantunque
tra i flutti sia assai grande frequenza di voragini e lacune, tanto profonde
che tra esse si nascondono non solo le carene, ma le poppe, gli alberi
e le vele di grandi navi. Poiché infatti nella Luna e intorno al
suo perimetro sono molti ordini di prominenze e avvallamenti, e l'occhio
che guarda da lontano è posto quasi sullo stesso piano dei vertici
di quelle prominenze: nessuno deve meravigliarsi che allo sguardo che li
sfiora si presentino secondo una linea uniforme e per nulla anfrattuosa.
[…] »
« […] Che
dunque la superficie più chiara della Luna sia cosparsa ovunque
di rigonfiamenti e avvallamenti, credo sia manifestato a sufficienza dai
fenomeni già spiegati. Rimane da dire
delle loro grandezze, che dimostrano come le asperità terrestri
siano assai minori di quelle lunari; minori, dico, anche parlando in senso
assoluto, non in rapporto soltanto alle dimensioni dei globi terrestre
e lunare: e questo si dimostra chiaramente così.
Avendo io più e più volte osservato,
in diverse posizioni della Luna rispetto al Sole, che nella parte tenebrosa
della Luna alcuni vertici, anche se abbastanza lontani dal confine della
luce, ne apparivan pervasi, mettendo a raffronto la loro distanza con l'intero
diametro della Luna, accertai che questa distanza supera talvolta la ventesima
parte del diametro. […]
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