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Navigare oggi
( su una nave militare )
Ci troviamo a bordo di una delle più
sofisticate Unità di una Marina Militare. La nave è equipaggiata con
gli ultimi sistemi elettronici per condurre la navigazione con
sicurezza tra i quali:
·
un sistema ECDIS per la navigazione, che consente la visualizzazione della cartografia
·
Elettronica ENC
·
un radar ultra sofisticato
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Navigare oggi
( su una nave militare )
Ipotizziamo che per vari motivi tecnici e con
una elevata esagerazione, che tutta questa moltitudine di
strumentazione vada in avaria.
L’Ufficiale di Rotta deve
essere in grado di riportare a casa la nave e il suo equipaggio con il
“ kit di sopravvivenza ”:
- bussola magnetica
- sestante
- orologio
Ecco brevemente spiegato uno dei motivi perché
si continua ad insegnare la Navigazione Astronomica nel 2° millennio,
periodo temporale dove il GPS sta spopolando e lo si ritrova in
innumerevoli applicazioni, militari e civili.
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Navigare ieri
( su una nave primitiva )
Il problema di dirigere la
nave fu uno dei più difficili che l’uomo dovette affrontare fino dai
primordi della civiltà.
In mare aperto si osservava il corso degli
astri riferendo la posizione della nave ed i suoi spostamenti alle posizioni
di certe stelle, con regole di orientamento stellare ricavate da una
lunga esperienza tramandata di
generazione in generazione.
Ovvero su quali stelle si dovessero osservare
a prua od in altra direzione rispetto alla nave a seconda delle
stagioni ed in ore diverse.
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Navigare ieri
Questa arte di dirigersi con " stelle-guida "
indicanti particolari angoli fra
la rotta e le direzioni delle levate e dei tramonti del Sole e delle
stelle, fu usata dai naviganti Polinesiani fin da tempi molto remoti,
durante la loro espansione nell’Oceano Pacifico.
Un’esperienza secolare aveva indicato, per
ogni percorso sul quale quei naviganti si spostavano, da un'isola
all'altra o da un'isola al continente, un succedersi di direzioni e di
angoli secondo cui si dovevano osservare, durante la traversata,
determinate stelle ed il Sole sorgenti o tramontanti o più o meno alti
sull'orizzonte.
La Navigazione Astronomica fu, senza dubbio,
la più antica guida per l'uomo che si avventurava sul mare aperto. Le costellazioni
delle Orse, ruotanti intorno al polo celeste boreale, avevano indicato
non solo il trascorrere delle ore durante la notte, ma anche la direzione
di quel punto del cielo, o polo, che è il centro della rotazione diurna
di tutti gli astri. E quella direzione, fissa nello spazio, poteva
essere usata riferendo ad essa, sul piano dell'orizzonte, tutte le
altre direzioni dei punti della superficie terrestre e degli astri.
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Navigare ieri
Nasceva così, la direzione
di riferimento che fu chiamata meridiano perché nel suo piano verticale
gli astri raggiungevano le altezze più elevate a metà del loro corso
diurno; e assunta tale direzione come fondamentale, nasceva quella che
fu forse la più antica creazione dell'ingegno umano: la rosa dei venti.!
Sia in terraferma che sulle navi, la rosa dei
venti, avente per cardine il meridiano, indicava le direzioni e
consentiva di seguirle. Ma la direzione dell'asse dei poli celesti non
fu la sola ad essere considerata come fondamentale direzione di
riferimento, perché un altro grande fenomeno regolava la vita degli
uomini: il sorgere del Sole che, portando la luce ed il calore,
indicava la fonte ed il risveglio della vita.
Là, a levante, doveva trovarsi il primo
cardine del mondo!
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Navigare ieri
Il più antico esemplare datato è la carta di Pietro
Vesconte, prodotta a Venezia nel 1311,
conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, che rappresenta il
Mediterraneo centro-orientale e il Mar Nero.
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Orientarsi ieri
E cosi, fra i popoli dell'antichità dominarono
queste due concezioni:
·
l'asse della rotazione diurna, fisso, perenne,
intorno al quale ruotava il cielo
·
l'asse Oriente-Occidente, dal quale derivò
l'idea di dividere la Terra nelle due grandi regioni settentrionale e
meridionale.
Prevalse la prima concezione, ma la seconda
durò a lungo e lasciò numerose e profonde tracce: molte rose dei venti
ebbero il loro punto di origine nell'oriente e "orientarsi"
significò sapersi dirigere.
Molte carte geografiche e nautiche furono
costruite col levante in alto e nella divisione del giorno in ore ne fu
fissato l'inizio al sorgere del Sole.
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Orientarsi ieri
Con le grandi scoperte geografiche dei secoli
XV e XVI si allargò il campo
della navigazione astronomica, perché nelle traversate oceaniche il
navigante, perduta di vista la terra, poteva dirigersi soltanto con gli
astri.
Già gli antichi si erano serviti delle Orse
per trovare la direzione del Nord.
Misurare con qualche rozzo
quadrante l'altezza della Polare e l'altezza meridiana del Sole, avevano
indicato la latitudine ai Fenici, ai Greci, ai Romani; ma quelle sole
indicazioni non bastavano a condurre con sicurezza la nave da una
sponda all'altra delle immense distese degli oceani.
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Lossodromia
Doveva essersi perduto il ricordo delle
"rotte stellari" che avevano guidato le prime lunghe
navigazioni in mare aperto compiute senza bussola; con l'avvento della
bussola, anche nelle sue forme più primitive, la nave aveva trovato il
suo naturale sentiero seguendo quella linea, formante lo stesso angolo
con tutti i meridiani, che verrà chiamata "lossodromia" .
Ma anche seguendo la lossodromia, nata con la
bussola ed imposta dal suo uso ormai generalizzato, al navigante che
attraversava gli oceani si presentava il problema di determinare un
"punto-nave" che non fosse più "stimato" bensì
offrisse un grado di precisione adeguato alle esigenze della
navigazione moderna e fosse determinabile usando metodi e strumenti
nuovi .
Fu quindi duplice l'impegno di Astronomi e
Navigatori nel perfezionare l'Astronomia per perfezionare la Nautica,
nel creare la più bella di tutte le applicazioni pratiche della Scienza
dei Cieli: la "Navigazione astronomica". I secoli XV e XVI
furono dunque determinanti per il progresso della civiltà occidentale e
quindi per l'evoluzione della scienza nautica e per la storia della
navigazione europea .
Gli uomini, sollevatisi dalle paure e
dall'ignoranza medievali, furono spinti all'ulteriore scoperta del
mondo, all'indagine scientifica, a nuove avventure.
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Enrico di Portogallo
Fu proprio con l'intento di indirizzare
l'attività marittima verso l'esplorazione di terre ignote, che il
principe ENRICO di PORTOGALLO (1394-1460),
detto il NAVIGATORE, fondò a Sagres (Portogallo), in prossimità di Capo
San Vicente, un osservatorio, completato nel
1420, dove riunì astronomi, matematici, cartografi, geografi e marinai
di tutta Europa.
Egli aveva intuito che i mezzi allora a
disposizione erano insufficienti per affrontare l'oceano: occorreva
acquisire una maggior precisione nella condotta della navigazione e
ricorrere a strumenti astronomici per determinare con certezza la
posizione della nave in mare aperto; Sagres divenne pertanto un centro
del sapere nautico dove si perfezionavano dispositivi e metodi atti
alla navigazione oceanica e si organizzavano spedizioni alla scoperta
di paesi sconosciuti.
I marinai ritornavano dai loro viaggi con
importanti bagagli di esperienze e conoscenze che erano di stimolo ad
intensificare studi, ricerche e avventure sempre più ardite.
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“Geographia” di Tolomeo
Nel 1409 si era verificato
un evento di grande rilevanza per l'ulteriore progresso della scienza
nautica, ovvero il rinvenimento della Γεωγραφία
(zGeographia
) di Tolomeo;
l'opera fu tradotta dal greco in latino e si
diffuse fra i dotti europei che furono spinti ad adottare un sistema di
coordinate per indicare le posizioni geografiche.
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La Terra
sferica
Si ricominciò pertanto a parlare di TERRA
SFERICA, di longitudine e latitudine e
a Sagres si iniziò ad insegnare come
determinare la latitudine, misurando le altezze angolari (Alturas) degli astri.
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Misurare la latitudine
Il primo strumento, usato dai naviganti
europei a tale scopo, fu il Quadrante che, menzionato per la prima
volta in un documento del 1456, era sicuramente in uso ben prima di
quella data: consisteva in un settore circolare di 90°, in legno o
metallo, con il lembo graduato, che recava su uno dei lati due
traguardi per osservare l'astro, mentre un filo a piombo consentiva di
misurarne l'altezza.
Navigare “per alturas”
divenne un metodo diffuso di navigazione astronomica: il pilota
determinava la latitudine in mare misurando l'altezza della Stella
Polare.
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Astrolabio
nautico
Verso la fine del XV secolo venne in uso l'Astrolabio
Nautico; derivato dal complesso astrolabio astronomico di età
ellenistica, perfezionato dagli Arabi che ne fecero largo impiego e probabilmente
messo a punto nel centro di Sagres, esso si componeva di uno spesso
cerchio sul quale erano incise due scale diametralmente opposte;
un'alidada munita di due traguardi permetteva di osservare gli astri e
determinarne le altezze, mentre un anello girevole consentiva di
tenerlo sospeso e il suo notevole peso (5-6 kg) ne assicurava la
stabilità anche in presenza di vento.
Per impiegarlo occorrevano tre operatori: uno
sosteneva lo strumento, uno traguardava l'astro ed il terzo procedeva
alla lettura, ottenendosi in tale modo, rispetto al quadrante, una
maggior precisione nella lettura delle altezze, che tuttavia restava
ancora limitata, essendo prossima al mezzo grado. Poteva misurare
l’altezza del Sole, indicata dalla diottra sulla scala dei gradi,
quando un raggio attraversava il foro della piastra anteriore e colpiva
il centro della piastra posteriore.
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I grandi
navigatori
Con l'astrolabio nautico, il quadrante e le effemeridi
perpetue, COLOMBO, VESPUCCI, e VASCO DE GAMA e MAGELLANO partirono per
le loro imprese e come loro altri navigatori oceanici dell'epoca.
Questi strumenti permettevano di ricavare, con
una certa approssimazione, la latitudine e di controllare, con essa, la
posizione!
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I grandi
navigatori
Nel Rinascimento, astronomi e navigatori,
cooperarono per portare la Nautica all’altezza dei suoi nuovi compiti;
dagli astronomi vennero creati e perfezionati nuovi metodi di
osservazione e calcolo per la determinazione della posizione in mare.
Specialmente in Italia e Germania l’astronomia
realizzò notevoli progressi nel secolo XV.
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Paolo Dal Pozzo Toscanelli
In Italia l’astronomia di
osservazione progredì per merito di Paolo DAL POZZO TOSCANELLI
diligente osservatore di posizioni del sole e di comete e studioso
delle applicazioni alla Nautica dei metodi e degli strumenti usati
dagli astronomi.
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Ricostruzione
del planisfero perduto del Toscanelli
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È introdotta
la Trigonomentria
In Germania, l'astronomo GEORG PEUERBACH fu
autore di un trattato “Theorica nova planetarum” e fu il primo in Europa, a fare uso
della trigonometria, ereditata dagli arabi.
Egli fu maestro,
all'università di Vienna, di JOHANNES MÜLLER, detto "Regiomontano".
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Effemeridi
famose
A lui è dovuto un celebre volume di effemeridi
astronomiche dal titolo: Kalendarium Magistri
Joannes de Monte Regio.
I grandi navigatori, tra cui COLOMBO e VESPUCCI
utilizzarono nei loro viaggi quelli che all’epoca potevano essere
considerati i più moderni metodi di astronomia nautica.
Cristoforo Colombo si cimentò nella
determinazione astronomica della longitudine; aveva con sé le preziose
Effemeridi del Regiomontano che riportavano,
tra l'altro, gli istanti di inizio e fine delle eclissi lunari.
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La
metodologia di Colombo
Osservando tali fenomeni nel corso del secondo
viaggio (1493-1496) e del quarto viaggio (1502-1504) verso l’Occidente,
egli calcolò, anche se con molta approssimazione, la longitudine dei
luoghi ove si trovava, ovvero Hispanola e Giamaica,
rispetto a Norimberga.
Il metodo, già noto agli Antichi, si basava
sul principio che la differenza tra l'ora dell'eclissi riferita a un
certo meridiano e l'ora locale in cui si verificava lo stesso fenomeno,
avrebbe indicato la longitudine del luogo rispetto al meridiano di
riferimento.
Non vi sono risultanze del fatto che Colombo
abbia sperimentato il metodo proposto da vari astronomi tra il finire
del '400 e l'inizio del '500, basato sulle distanze lunari, metodo che
ebbe tante applicazioni nei secoli successivi fino a tutto il 1800.
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Vespucci determina la longitudine
Cristoforo Colombo partì per la sua impresa, “buscar
el levante para el poniente”, sicuro della sua idea, ispirata dagli
insegnamenti di Sagres e poi maturata attraverso gli studi classici, la
lettura dell'Imago mundi di Pietro d'Ailly
del 1396, gli incontri con gli scienziati contemporanei tra i quali il
cartografo tedesco Martin BEHAIM, costruttore del famoso globo del 1491
e la corrispondenza con il fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli, che
gli fornì una propria carta nautica incoraggiandolo all'impresa.
Esistono documenti che parlano di una
determinazione di longitudine, fatta nell'agosto 1499, nel Venezuela,
da Amerigo Vespucci con l'osservazione di una occultazione di Marte con
la Luna; dalla quale risultò una differenza di 74° del Venezuela rispetto
al meridiano delle Canarie. Errori delle tavole, difetti delle
osservazioni, produssero un forte errore di oltre 30°. La moderna
navigazione astronomica muoveva i suoi primi difficili passi.
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La
balestriglia
Il metodo, già noto agli Antichi, si basava
sul principio che la differenza tra l'ora dell'eclissi riferita a un
certo meridiano e l'ora locale in cui si verificava lo stesso fenomeno,
avrebbe indicato la longitudine del luogo rispetto al meridiano di
riferimento.
Non vi sono risultanze del fatto che Colombo
abbia sperimentato il metodo proposto da vari astronomi tra il finire
del '400 e l'inizio del '500, basato sulle distanze lunari, metodo che
ebbe tante applicazioni nei secoli successivi fino a tutto il 1800.
Nel corso del XVI secolo
venne in uso a bordo la Balestriglia o Mazza di Giacobbe, un nuovo
strumento per misurare gli angoli che soppiantò, per la sua facilità
d'impiego, il quadrante e l'astrolabio. Martin CORTES, nella sua Arte
de navegar pubblicata nel 1551, fornisce la
prima descrizione completa della balestriglia, o Cross-Staff per gli
Inglesi: era generalmente di legno e si componeva di uno o più regoli
di varia lunghezza, scorrevoli su una staffa a sezione quadrata,
graduata secondo una scala delle cotangenti.
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Il kamal
Sullo stesso principio della balestriglia era
stato concepito il Kamal, che in arabo significa “guida”, usato dai
piloti arabi dell'Oceano Indiano.
Derivato probabilmente dalla «dioptra» di età classica, era costituito da una o
più tavolette di legno o di avorio, di forma rettangolare, con un foro
centrale in cui era fissata una sagola graduata, che aveva le stesse
funzioni della staffa nella balestriglia.
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Il quadrante
di Davis
Alla fine del XVI secolo, quasi a coronare il
rapido affermarsi della navigazione astronomica in quel periodo,
comparve un nuovo strumento: il quadrante di Davis, ideato nel 1594 dal
navigatore inglese John DAVIS, quello stesso che, tra il 1585 e il
1587, effettuò una spedizione polare alla ricerca di un passaggio a
Nord-ovest dell'America, scoprendo in quell'occasione lo Stretto che
porta il suo nome, tra la Groenlandia e l'isola di Baffin.
Nel 1594 egli pubblicò un'opera intitolata The
seaman's secret, in cui dava la descrizione
dello strumento da lui inventato.
Il quadrante si usava dando le spalle al Sole,
da cui il nome inglese di Back-Staff, così da misurare l'altezza senza
essere abbagliati. Rapidamente esso sostituì i precedenti strumenti
astronomici impiegati a bordo e rimase in uso fino alla metà del XVIII
secolo quando apparvero gli strumenti a riflessione. Seppur modificato
e perfezionato nel tempo, il quadrante di Davis rimase in uso fino al
1731, quando fu presentato il quadrante di Hadley.
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Il
notturlabio
Sempre nel XVI secolo fu ideato il Notturlabio,
descritto per la prima volta nel 1581, impiegato per determinare l'ora
di notte e per ottenere le correzioni da apportare all'altezza della
Polare, al fine di ottenere la latitudine osservando la posizione delle
«Guardie», ovvero le stelle della costellazione dell’Orsa Maggiore, con
il cui prolungamento si individua la Stella Polare.
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Gli strumenti
ricostruiti da Giancarlo Boaretto
Alcune foto di antichi strumenti ricostruiti a
cura della “Associazione Culturale il Sestante” e visibili presso il Museo
Marinaro “Tommasino-Andreatta” di Chiavari sito presso la Scuola
Interforze di Telecomunicazioni di Chiavari.
Si vedono una balestriglia, un quadrante ed un
Kamal. La moderna astronomia copernicana venne codificata solo nel 1600
a seguito dell'invenzione del Telescopio che permise misure
astronomiche esatte.
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Il quadrante
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Il kamal
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Galileo Galilei
GALILEO GALILEI ne fu il primo utilizzatore e,
con le sue scoperte, fornì un importante contributo ai suoi successori
e in particolare a NEWTON; Galileo scoprì inoltre l'isocronismo del
pendolo che portò alla realizzazione dell'orologio, basato su questo
principio, ideato nel 1659 dall'olandese HUYGHENS.
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Keplero e Newton
KEPLERO tra il 1609 e il 1619
pubblicò le sue tre leggi sui moti planetari. Tuttavia, solo nel 1687
si verificò quello che è considerato il più grande evento nella storia
dell'astronomia, ovvero la pubblicazione dei “Principia” di NEWTON, nei
quali si formulava la legge di gravitazione universale.
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L’almanacco di Nevil Maskelyne
Gli astronomi furono dunque messi in grado di
prevedere con accuratezza le posizioni dei corpi celesti e di elaborare
le relative tavole, rivolte principalmente alle loro proprie esigenze
di studio, sebbene fossero di grande utilità anche per i naviganti.
Si dovrà aspettare però il 1696 per avere le prime
Effemeridi Nautiche ufficiali ad uso esclusivo dei naviganti, ovvero la
Connaissance des temps, prodotta in Francia dall'Osservatorio
Nazionale, cui fece seguito, nel 1767, il primo Nautical
Almanac inglese, pubblicato dall'astronomo reale Nevil
MASKELYNE.
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Effemeridi Nautiche
Istituto Idrografico della Marina
Più tardi, nel 1852,
comparve l'American Ephemeris and Nautical Almanac per l'anno 1855, mentre le prime EFFEMERIDI
NAUTICHE italiane furono pubblicate dall'Istituto Idrografico della
Marina nel 1916.
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Effemeridi Nautiche
Ma il fenomeno astronomico che meglio si offrì
alle osservazioni fatte allo scopo di determinare il tempo T del
meridiano di riferimento fu quello delle distanze lunari, proposto
dagli astronomi del Rinascimento.
L'astronomo Johannes WERNER propose di misurare
la distanza angolare dalla Luna rispetto ad una stella zodiacale e di
dividere l'arco misurato per il moto orario lunare vero, onde ottenere
l'intervallo di tempo fra l'istante della misura e la congiunzione.
Essendo noto l'istante della congiunzione,
dato dalle Effemeridi per un altro luogo, si poteva ottenere la differenza
di longitudine fra i due luoghi dalla differenza fra i tempi delle due
congiunzioni.
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Il moto della Luna
È ben noto infatti che la Luna presenta il più
rapido moto reale intorno alla Terra (l'ascensione retta aumenta con
una velocità oraria media di 32').
Il moto della Luna fra le stelle verso levante
è tale da far corrispondere ad ogni posizione dell'astro un istante di
tempo esprimibile con un'ora ben precisa.
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Il moto della Luna
Più semplicemente, si può dire che la Luna si
muove sulla sfera celeste come la lancetta di un orologio che ruoti sul
grande quadrante della sfera stellata in modo tale che la sua posizione
possa essere rigorosamente indicata in ogni istante mediante l'angolo,
rapidamente variabile, che essa forma con un altro astro.
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I satelliti di Giove
Un altro fenomeno celeste che può essere
osservato simultaneamente da molti punti della Terra allo scopo di
determinare il tempo preciso T di una osservazione e di dedurre, poi,
la longitudine, fu scoperto nel gennaio del 1610, nel cielo di Padova,
da GALILEO GALILEI allora docente in quella Università.
Già nel marzo dello stesso anno Galileo
annunziò nel suo celebre Sidereus Nuncius, la scoperta di quattro piccoli astri
che ruotano intorno a Giove; di quattro "satelliti" di Giove
che, in onore del Granduca Cosimo II de' Medici di Toscana, chiamò
"Astri Medicei".
Quegli astri ruotavano intorno al pianeta con
moti molto rapidi, dando luogo ad eclissi la cui osservazione poteva
indicare numerosi e precisi istanti utilizzabili per il calcolo delle
longitudini, ben più delle rare eclissi lunari.
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I satelliti di Giove
Le Stelle Medicee, che dalla metà del XX
secolo acquisirono gli attuali nomi di Io, Europa, Ganimede, Callisto, rivelarono ben presto
all'occhio acuto di Galileo molte particolarità dei loro
movimenti.
Egli giunse a determinare, con una precisione
vicina a quella delle osservazioni moderne, i tempi delle loro
rivoluzioni sinodiche intorno a Giove; e fra il 1611 ed il 1612 scoprì
quali nuove possibilità offrivano alla soluzione del problema della longitudine.
Si trattava di studiare quei fenomeni allo
scopo di trovarne le leggi precise e di compilare le Effemeridi che ne
prevedessero le ore: problema arduo che avrebbe potuto essere
affrontato e risolto con l'aiuto di mezzi adeguati.
Una occasione per proporre l'applicazione del
nuovo metodo e chiedere aiuti, si presentò nel 1612 quando il governo
di Madrid chiese al Granduca di Toscana di armare e far navigare, per
combattere i corsari, alcuni galeoni che giacevano inoperosi nel porto
di Livorno.
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I satelliti di Giove
Il Granduca accolse la richiesta, ma domandò
in cambio alcuni privilegi riguardanti il commercio con le Indie; ed
aggiunse uno scritto, noto col nome di “Proposta della longitudine”
che, quantunque menzioni Galileo come terza persona, si vuole che
appartenga a Galileo stesso.
La Proposta metteva in rilievo l’importanza
del nuovo metodo, sostenendone la superiorità rispetto alle eclissi
lunari.
Al tempo di Galileo le distanze lunari erano,
rispetto alle eclissi di Luna, una innovazione che attendeva di potersi
affermare e che, in tempi nei quali la diffusione della cultura e del
progresso erano lentissimi, doveva attendere ancora a lungo prima di
essere ben conosciuta e di diventare di uso comune.
Il governo spagnolo, non si sa bene per quali
ragioni, lasciò cadere l'offerta; e vani furono i tentativi compiuti in
seguito da Galileo, tramite l'ambasciatore toscano a Madrid, conte Orso
D'Elci, per superare le lungaggini burocratiche e lo scarso impegno dei
diplomatici a cui le trattative erano affidate.
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Galilei, i Medicei e la longitudine
Una sola obiezione, in verità molto fondata,
poteva essere fatta all’invenzione galileiana: la difficoltà di
osservare i satelliti da bordo, ove, a causa dei movimenti della nave,
non era possibile l'installazione di cannocchiali fissi.
Ma Galileo, forse troppo fiducioso della sua
invenzione, rispondeva proponendo un rimedio consistente in una
"testiera" o “celatone” che si adattava al capo
dell'osservatore fornito di un cannocchiale a cui si applicava un
occhio, mentre l'altro, libero, guidava il puntamento del cannocchiale.
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Il celatone e padre Castelli
Tale strumento fu sperimentato da Galileo
stesso a Livorno e dal Padre Benedetto Castelli, fido collaboratore
dello scienziato, a cui era stato affidato l'incarico di insegnarne
l'uso agli Ufficiali della Marina Toscana.
Svanite le speranze di ricevere aiuti dalla
Spagna, della determinazione della longitudine mediante i satelliti di
Giove non si parlò più fino a dopo le tempestose vicende che nel 1633
portarono Galileo ad essere confinato nel "carcere" di
Arcetri.
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L’Olanda e Ugo Grozio
Ma ad Arcetri egli pensò ancora al problema
della longitudine, e nel 1636 si rivolse ad un'altra grande nazione
marinara, l'Olanda, scrivendo agli Stati Generali una lettera nella
quale offrì in dono il suo trovato e palesò anche l'invenzione di un
misuratore del tempo molto preciso e di semplice costruzione.
Si trattava della prima idea della
applicazione del pendolo agli orologi.
L'Olanda non fu sorda all’offerta di Galileo
ed iniziò trattative col patrocinio dell’olandese Ugo Grozio, ambasciatore a Parigi della regina di
Svezia.
In una lettera del 26 aprile 1637 gli Stati
Generali espressero a Galileo tutta la loro gratitudine per la preziosa
offerta e gli inviarono in dono una superba collana d'oro accompagnata
dalla promessa di future più larghe ricompense.
Galileo ringraziò della lettera, ma dovette
rifiutare la collana per evitare reazioni ecclesiastiche.
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Vincere il rollio della nave
Anche questa volta furono sollevate obiezioni
ed avanzate richieste di chiarimenti, alle quali Galileo rispose con
una lunga lettera nella quale accennò alla possibilità di sottrarre
l'osservatore ai movimenti della nave, di migliorare il “celatone” e di
usare un nuovo misuratore di tempo del quale mise in rilievo la grande
precisione.
Nel 1638 gli Stati Generali decisero di
inviare in Italia Martino Ortensio, perché potesse ricevere da Galileo
tutte le istruzioni per superare le difficoltà che ostacolavano
l’applicazione del metodo; ma una severa proibizione impedì a Galileo
di ricevere l’"eretico" olandese.
Lo sviluppo della navigazione oceanica faceva
sentire il bisogno di ulteriori progressi non soltanto nei mezzi di
osservazione, ma anche nei procedimenti di calcolo con i quali si
doveva determinare la posizione della nave.
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Longitudine: ecco il problema
Gli strumenti a visione diretta, dai quali si
potevano ottenere misure con l'approssimazione dei gradi, non erano più
all'altezza dei tempi e consentivano per lo più delle osservazioni
meridiane per il controllo della latitudine.
Mancavano metodi di calcolo da cui ottenere,
per mezzo di osservazioni astronomiche, la longitudine, che fino ad
allora era stata determinata soltanto come coordinata del punto stimato
senza alcuna possibilità di controllo.
Il problema ancora insoluto riguardava dunque
la determinazione della longitudine in mare con metodi semplici e
sufficientemente precisi da poter essere calcolati con i mezzi di
bordo.
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Longitudine: ecco come si può ricavare
Il principio su cui è fondata la
determinazione astronomica della longitudine risale all'antichità e si
può enunciare molto semplicemente: la longitudine λ di un punto
della superficie terrestre, contata da un particolare meridiano di
riferimento, è uguale alla differenza fra i valori simultanei del tempo
locale ( t ) di un astro e del tempo dello stesso astro rispetto al
meridiano di riferimento ( T ).
La formula, ben nota, λ = t - T, che
esprime tale principio è quella conclusiva con la quale la longitudine
venne trovata in tutte le epoche.
La determinazione della longitudine con
l'osservazione delle eclissi dei satelliti di Giove fu molto usata
nelle operazioni di terraferma aventi lo scopo di costruire o di correggere
le carte geografiche e idrografiche. CASSINI, con questo metodo,
cartografò tutta la Francia.
Si deve considerare che il progresso nella
determinazione della longitudine in mare sarebbe stato inutile se non
fossero state corrette sulle carte nautiche le posizioni dei punti
costieri; le quali, invece, come quelle di molti punti della
terraferma, erano affette da forti errori.
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Longitudine: ecco il problema
Basti dire che alla fine del '600 le
longitudini di Capo Clear (a sud dell’Irlanda) e di Capo San Vicente (Portogallo) erano errate rispettivamente
di 4° 30' e di 6° all'Ovest, e che l'estrema costa bretone era spostata
all'Ovest di oltre 2°.
Le distanze lunari e le eclissi dei satelliti
di Giove offrivano soluzioni del problema della longitudine ancora
insufficienti ad una condotta esatta e sicura della navigazione. Ancora
dotati di un grado di precisione dell'ordine di grandezza dei gradi o
richiedenti osservazioni lunghe, difficili e non sempre possibili, quei
metodi, pur tanto utili, non risolvevano ancora in modo definitivo il
secolare problema e che avrebbe potuto considerarsi risolto solo quando
le navi fossero state dotate di un orologio regolato sul tempo T del
meridiano di riferimento.
La determinazione della longitudine era, in
sostanza, un problema di orologeria; si trattava di costruire un
orologio che offrisse perfetta regolarità di funzionamento malgrado i
movimenti della nave; che, regolato sull'ora del meridiano di
riferimento della longitudine, la conservasse entro i limiti di
approssimazione dell'ordine di grandezza dei secondi di tempo, poiché un
errore di 4 secondi produce un errore di un primo sulla longitudine,
l’errore di un minuto di tempo un errore di 15 primi di longitudine.
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L’incidente alle Scilly
In Inghilterra, il 22 ottobre 1707 ebbe luogo
un grave incidente navale.
La Flotta Inglese, al comando dell’Ammiraglio Cloudesley Shovell sulla via
del ritorno verso la madre patria dal Mediterraneo, andò a sfracellarsi
sugli scogli in prossimità delle isole Scilly, causando la morte di
circa 2000 uomini.
Successivamente fu determinato che la
principale causa del disastro fu l’incapacità nella corretta
determinazione della posizione ed in particolare della longitudine.
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La flotta comandata dall’ammiraglio
Cloudesley Showell
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Il concorso per il
cronometro
marino
Nel 1714 venne istituito, con atto del
Parlamento approvato dalla regina Anna, una Commissione, chiamata Board
of Longitude, della quale facevano parte i
più valenti astronomi ed uomini di mare, vennero offerti premi di
10.000, di 15.000 e di 20.000 sterline a chi avesse scoperto come
determinare la longitudine rispettivamente con l'approssimazione di 1°,
¾ di grado e di mezzo grado.
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John Harrison
L’insufficienza di tutti i metodi fino ad
allora impiegati e le difficoltà che si opponevano alla ricerca
faticosa e poco proficua avevano creato un diffuso senso di pessimismo
e perfino il timore che alla soluzione di quel problema si opponesse
qualche divieto divino(!).
Ma i Governi e gli uomini di scienza non si
arresero; e furono i progressi nell'arte di costruire gli orologi che
condussero alla soluzione del problema. E fu tale convincimento,
insieme alle offerte dei premi, che incoraggiò gli sforzi dei ricercatori,
malgrado vi fosse chi si ostinava a disperare. Il massimo premio del
Board of Longitude andò, dopo tutta una vita
dedicata ai cronometri e non senza controversie, a John HARRISON, nato
nel 1693 a Foulby, nello Yorkshire.
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Harrison: il cronometro del 1736
Harrison, già nel 1728, aveva progettato un
orologio a molla che riteneva dovesse funzionare bene, malgrado ogni
traversia marittima; e incoraggiato dal valente orologiaio George
Graham, inventore dello "scappamento a riposo", continuò
negli anni successivi a perfezionare il suo modello; finché lo presentò
al Board of Longitude nel 1736.
Nello stesso anno il cronometro di Harrison fu
provato in un viaggio di andata e ritorno fra Londra e Lisbona sulla
nave “Centurion” con esito soddisfacente;
ma l’autore ricevette soltanto una sovvenzione
di 500 sterline con l’invito a perfezionare ulteriormente
l’apparecchio.
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Harrison: il
cronometro N° 4
Una seconda prova ebbe luogo nel 1761, a causa
della guerra fra Inghilterra e Spagna; e nel frattempo Harrison costruì
altri due cronometri che non risulta fossero provati dal Board of Longitude, ed un quarto cronometro che era un
orologio a molla dal diametro di 12 cm.
A bordo del "Deptford", in un viaggio da Portsmouth a Giamaica,
il nuovo cronometro, che fu indicato con
"N° 4" ed affidato alla cura di William
Harrison, figlio del costruttore, presentò una variazione di soli 26
secondi in 81 giorni. Nel viaggio di ritorno, sul "Merlin”,
compiuto nel gennaio 1762, ebbe un ritardo di 1m 54s in 147 giorni.
Il cronometro "N° 4" di Harrison
aveva superato la massima precisione richiesta dal Board, ma queste
eccellenti prove non convinsero l'incredula e severa Commissione; e fu
soltanto dopo un altro viaggio a Barbados del 1764 ed un definitivo
esperimento compiuto nel 1772 sulla "Resolution",
comandata dal celebre capitano COOK nel suo secondo viaggio, che John
Harrison, non senza discussioni e contrasti, e
con una supplica al re Giorgio III, poté
ricevere, nel 1773, il massimo premio di 20.000 sterline.
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Harrison: problemi di riproducibilità
Harrison aveva dovuto, a motivo della sua
cattiva salute, affidare il "N° 4" all'orologiaio Larcom Kendall, al quale il Board aveva richiesto
una fedele riproduzione dell'apparecchio da sottoporre alla prova sulla
"Resolution"; ed il Kendall aveva
inciso il suo nome sulla macchina da lui costruita generando l'equivoco
in cui cadde il Comandante Cook quando, volendo elogiare la grande
invenzione scrisse sul suo giornale di bordo “che la longitudine non
sarà più un errore se si avranno a disposizione strumenti simili
all’orologio di Mr Kendall”.
Rivalità e gelosie tentarono di carpire ad
Harrison il merito che gli fu, invece, universalmente riconosciuto.
Poiché il cronometro di Harrison, da lui
chiamato "time keeper", poco si
prestava ad ulteriori perfezionamenti e non era facilmente costruibile,
il governo inglese offrì un'altra ricompensa di 3000 sterline per un
cronometro di più facile costruzione.
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Il cronometro di Mudge
L‘offerta fu accolta da Thomas MUDGE, altro
famoso orologiaio che aveva fatto parte del Board of Longitude e che già aveva inventato, nel 1754, lo
"scappamento a leva" col quale si rendevano gli orologi
esenti dalle irregolarità dovute ai continui mutamenti di posizione.
Anche il cronometro creato da Mudge dette buona prova in un viaggio di andata e
ritorno a Terranova, ma anche Mudge, come Harrison,
incontrò non poche difficoltà prima di ottenere la ricompensa.
Solo dopo quattordici anni di controllo a
Greenwich e dopo una petizione al Parlamento, gli furono concesse le
3.000 sterline.
Le esitazioni del governo britannico verso il
cronometro di Mudge erano dovute all'arrivo
all'osservatorio di Greenwich di un altro cronometro ritenuto migliore
di quello di Mudge, ma non ancora provato,
che era stato costruito dal giovane fabbricante John Arnold e che aveva
incontrato il favore dell'astronomo reale Nevil
Maskelyne.
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Gli specchi e le misure di angolo
Il bisogno di far progredire le determinazioni
della longitudine rendendo sempre più precisi i cronometri, era
accompagnato da quello non meno sentito di rendere più precise le
osservazioni degli angoli dei quali si faceva uso nei calcoli.
Non poteva, quindi, durare oltre l'impiego di
quei rudimentali strumenti a visione diretta quali erano gli astrolabi,
i quadranti, le balestriglie.
In Inghilterra, nazione a cui tanto premevano
lo sviluppo e la sicurezza della navigazione, furono fatti, sul finire
del secolo XVII, i primi tentativi per utilizzare gli specchi nella
misura degli angoli.
Il documento più antico in cui si accenna alla
misura degli angoli mediante la riflessione degli specchi piani si
legge in una Storia della Società Reale di Londra scritta dal Birch, alla data 22 agosto 1666.
La prima idea di uno strumento a riflessione
fu dunque espressa da Robert HOOKE ma lo strumento che egli immaginò
era ancora troppo lontano dall'offrire la possibilità di compiere
misure soddisfacenti.
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Gli specchi e le misure di angolo
Nel 1731 1'astronomo Halley, esponendo alla Royal Society di Londra i suoi studi sui movimenti
lunari, lamentava la mancanza di uno strumento atto a misurare le
distanze angolari dalla Luna agli altri astri.
Alla seduta era presente John HADLEY, amico di
Halley e studioso di problemi di ottica, il quale informò i Soci, nella
successiva seduta del 13 maggio, dei risultati di alcune sue ricerche
riguardanti la misura degli angoli nella navigazione.
Halley, venuto a conoscenza di tale
descrizione, ricordò che Newton aveva in passato, comunicato alla
Società Reale qualche cenno ad uno strumento basato sullo stesso
principio.
Ma, effettuate ricerche nei resoconti delle
sedute precedenti, risultò che Newton aveva in effetti, nell'agosto del
1699, avanzato una proposta di miglioramento del quadrante di Davis
comunemente adoperato in mare.
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Ottante di Hadley
ADLEY continuò a perfezionare il suo strumento
fino a sperimentarlo, nell'agosto del 1732, sullo yacht "Chatam", messo a sua disposizione
dall'Ammiragliato.
La validità dell'ottante di Hadley fu subito riconosciuta e lo strumento,
sperimentato in mare, fornì precisioni di 1 -2 primi, fino ad allora
impensabili.
Occorsero circa 20 anni perché l'ottante di Hadley si diffondesse nella Marina inglese, intorno
al 1750; nelle altre marine si diffuse molto più tardi.
Nel 1774 il capitano COOK, doppiando il Capo Horn sulla "Resolution"
con rotta verso levante, determinò le coordinate usando distanze
angolari Sole-Luna osservate con l'ottante, da poco introdotto nella
marina britannica, trovando valori sensibilmente più vicini ai veri
rispetto quelli che nel 1616 erano stati trovati con la balestriglia
dagli olandesi Lemaire e Shouten
i quali, navigando da levante, avevano doppiato, per primi, il
terribile capo, aprendo il passaggio del Sud-Ovest.
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Sestante di Hadley/Godfrey
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I viaggi di James Cook
I tre viaggi di James COOK nell'Oceano
Pacifico, tra il 1768 ed il 1779, costituiscono eventi emblematici
della moderna navigazione: i principi dell'arte nautica erano stati
stabiliti e il successivo secolo e mezzo fu esclusivamente dedicato al
perfezionamento di strumenti e metodi.
Cook intraprese quindi per primo le traversate
oceaniche avvalendosi di dotazioni, strumenti e tecniche moderne che
gli consentirono di condurre la navigazione con una precisione senza
precedenti. Ma come mai Cook intraprese questi viaggi?
Fu proprio l’invenzione del rivoluzionario
cronometro di Harrison che convinse nel 1768 re Giorgio III che valeva
la pena di rischiare ben 4.000 sterline per avviare il progetto di
esplorazione del sud Pacifico.
La costa orientale dell’Australia era nota già
da tempo e la Nuova Zelanda era stata scoperta un secolo prima
dall’olandese Abel Tasman che le diede il nome, eppure, lì vicino,
c’era qualcosa che non quadrava. L’Ammiragliato britannico ritenne
fosse giunto il momento di fare chiarezza e esplorare nuovi territori.
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Halley e la distanza Terra-Sole
Ma l’argomento decisivo per convincere re
Giorgio fu la straordinaria sequenza di avvenimenti astronomici prevista
per il 1769: Venere il 3 giugno e Mercurio il 9 novembre sarebbero
transitati in perfetto allineamento sul disco solare.
All’epoca, per perfezionare le conoscenze
astronomiche, era importante misurare con precisione la distanza
terra-sole (unità astronomica): Halley propose di misurare la
parallasse di Venere e da questa misurare la distanza Terra-Venere pari
a circa un quarto di unità astronomica.
Da questa idea di Halley nacque una collaborazione
scientifica tra Gran Bretagna, Francia, Russia e colonie Americane che
portò all’effettuazione di centinaia di misure in circa 150 luoghi
differenti del pianeta in occasione dei transiti di Venere del 1761 e 1769.
Era dunque necessario osservare i transiti di
Venere anche nell’emisfero Sud e per quest’ultimo la candidatura di Tahiti
era perfetta e, una volta lì, cos’erano mai un altro paio di mesi di
navigazione per andare a far chiarezza sulla misteriosa Nuova Zelanda?
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Le
imprese di Cook
Il brillante tenente di vascello James Cook,
appassionato cartografo e astronomo, venne incaricato di portare a
terminare la spedizione al comando dell’Endeavour,
che mollò gli ormeggi da Plymouth il 26 agosto 1768.
Con il suo carico di scienziati, strumenti, disegnatori,
soldati e marinai, Cook puntò la prua verso i mari del sud e dopo un
avventuroso doppiaggio di Capo Horn giunse a Tahiti
il 13 aprile 1769. La Royal Society di Londra
fornì alla spedizione i seguenti materiali: due piccoli telescopi a
riflessione, un quadrante, un ottante, tre orologi astronomici (il
cronometro fu usato da Cook solo nella seconda spedizione).
Cook portò al seguito anche un piccolo
telescopio di sua proprietà. Questi strumenti, che al giorno d’oggi
potrebbero sembrare primitivi, erano ai tempi considerati allo stato
dell’arte.
Eseguita la misura dei transiti di Venere a Tahiti,
il 13 di luglio Cook diresse verso la Nuova Zelanda per procedere
nell’esplorazione di questa parte del Pacifico e osservare con
successo, il 9 di novembre dello stesso anno, il transito di Mercurio.
Per buona sorte entrambi i transiti furono con ottime condizioni
meteorologiche.
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Sumner misura una longitudine di cui non è certo
Dalla «scoperta della longitudine» per più di
un secolo si era praticata la navigazione astronomica con osservazioni
separate per determinare la latitudine e la longitudine, e
l'accuratezza del calcolo dipendeva dalla vicinanza del punto stimato a
quello reale.
Solo con la scoperta occasionale nel 1837, del
comandante Thomas H. SUMNER, fu introdotto il concetto della retta
d'altezza.
Il capitano americano SUMNER il giorno 17
dicembre 1837, trovandosi a Sud del canale di S. Giorgio, fra l'Irlanda
e la Gran Bretagna, dopo alcuni giorni di cattivo tempo, durante i
quali non aveva potuto compiere osservazioni astronomiche, riuscì,
verso le 10h e 30m del mattino, a osservare una altezza di Sole.
Con tale altezza, eguale a 12° 10', e
latitudine stimata di 51° 37' N, all'ora Tm di Greenwich 22h 47m 12s
(misurata con il cronometro ed espressa alla maniera astronomica), egli
calcolò l'angolo al polo dell'astro, da cui dedusse il tempo vero
locale: dal confronto di questo con l'ora vera di Greenwich, ricavò una
longitudine che risultò eguale a 6° 23' W, ossia 17' ad Est di quella
stimata uguale a 6° 40' W.
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La
scoperta di Sumner
Il capitano Sumner,
temendo che quel punto fosse affetto da un errore sensibile dovuto
all’incertezza della latitudine stimata, ritenne prudente rifare il
calcolo usando la stessa altezza e due latitudini eguali a φs + 10' e φs +
20'.
Trovò due punti che rispetto al primo erano
situati in direzione EstNordEst a 27 miglia
ed a 54 miglia di distanza. I tre punti, segnati sulla carta,
risultavano sensibilmente in linea retta e, fortunata circostanza, quella
retta passava per il battello fanale di Small, situato fra il secondo
ed il terzo punto (che cadeva in terraferma sulla costa inglese).
Intuendo che la nave potesse trovarsi su
quella retta il Sumner diresse per ENE, e,
dopo circa un'ora, ebbe la soddisfazione di avvistare il fanale di prua.
Erano occorsi secoli per arrivare a quel
risultato e perfezionare i mezzi necessari per raggiungerla: il
sestante, che misurava le altezze, il cronometro che segnava l'ora con
precisione, le Effemeridi che davano le precise posizioni degli astri;
tutti mezzi essenziali e faticosamente creati dall'ingegno umano, senza
i quali nessun progresso della nautica sarebbe stato possibile.
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Saint Hilaire perfeziona Sumner
Il metodo Sumner fu
accolto con larghi consensi, anche da eminenti personalità. Anche in
Italia i pregi del metodo Sumner e della
retta di altezza non tardarono ad essere riconosciuti.
Il MAGNAGHI, nella prefazione alle sue Tavole
e formule nautiche, edita nel 1877, scriveva: "Fra i calcoli per
la determinazione della posizione dell'osservatore, venne data la
preminenza al metodo di Sumner, come quello
che, interpretando meglio le osservazioni, permette di trovare le
indicazioni più utili al navigante".
Il metodo SUNMER fu successivamente messo a
punto nel 1874 dal comandante SAINT HILAIRE della Marina francese
ideatore del metodo per il tracciamento della retta che porta il suo
nome e che è tuttora insegnato in Accademia Navale.
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Punto nave da Satellite
Da sempre l’uomo si è servito del cielo per
orientarsi. Oggi la navigazione satellitare continua questa tradi-zione offrendo, grazie ad una tecnologia
d’avanguardia, una precisione senza confronto rispetto a quella che si
ricava dall’osservazione del sole e delle stelle.
Sviluppata da una trentina d’anni e
all’origine a fini essenzialmente militari, questa tecnologia permette
a chi dispone di un ricevitore di captare i segnali emessi da una costellazione
di satelliti. In questo modo è possibile conoscere precisamente e in
ogni momento la propria posizione nel tempo e nello spazio.
Il principio di funzionamento è semplice: i
satelliti della costellazione sono dotati di un orologio atomico che
misura il tempo con estrema precisione. I satelliti emettono segnali
personalizzati indicanti l’ora di emissione. Il ricevitore a terra,
incorporato ad esempio nel telefono cellulare, ha in memoria le
coordinate esatte delle orbite di tutti i satelliti della costellazione.
Leggendo il segnale che riceve può anche
riconoscere il satellite che lo ha emesso, determinare il tempo
impiegato dal segnale ad essere ricevuto e quindi calcolare la distanza
dal satellite. Per determinare l’esatta posizione è sufficiente che il
ricevitore riceva simultaneamente il segnale di almeno quattro
satelliti.
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Il sistema GALILEO
L'Unione Europea sta sviluppando un sistema
globale di navigazione satellitare (GNSS), denominato GALILEO, che
fornirà a partire dal 2013, una serie di servizi di posizionamento,
navigazione e misurazione del tempo.
Le tecnologie innovative di Galileo potranno
garantire l'assoluta precisione e continuità dei dati, cosa che non
sono in grado di fare i due sistemi di navigazione satellitare oggi
attivi, ossia l'americano GPS, il più diffuso nel mondo, e il russo
GLONASS.
Galileo sarà il primo a poter fornire un
''certificato di garanzia del segnale''. Una novità che permette
applicazioni al servizio di ambiti molto diversi, primo fra tutti la
sicurezza nei trasporti e della navigazione marittima e aerea.
Il suo asso nella manica è un orologio atomico
realizzato dall'industria italiana in grado di garantire un'accuratezza
estrema, il maser passivo a idrogeno (Passive Hydrogen
Maser, PHM). E' il primo orologio di questo genere a volare nello
spazio e il più accurato mai messo in orbita, in grado di garantire
un'altissima precisione (ritarda di 1 sec in 3 milioni di anni).
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Il P.N.A.
Tornando in Accademia Navale, nel corso degli
anni, la determinazione del Punto Nave Astronomico (P.N.A.) si è potuta
fare grazie alle Tavole a Soluzione Diretta (H.O: 214) a e ai primi
calcolatori tascabili Tamaya NC 77 e 88.
A partire dal 1995 presso l’Accademia Navale,
le classiche Tavole a soluzione diretta sono state rimpiazzate da software
per computer realizzato dagli Insegnanti Idrografi.
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Il P.N.A.
Comunque ancora oggi, nonostante il dilagare
dei satelliti GPS, è possibile determinare la posizione in mare aperto
con l’osservazione astronomica ottenendo, per osservatori pratici, una
precisione di circa 4 miglia che potrebbero sembrare tante ma se rapportate
ad una immensità oceanica sono veramente un’inezia.
Per tale motivo nel corso della Campagne
Addestrative del 1° anno sul Vespucci e del 2° anno sul San Giusto, gli
Allievi si esercitano ogni giorno all’uso del sestante, sfruttando al
massimo le moderne tecnologie disponibili, ma non dimenticando il loro
personale “kit di sopravvivenza”.
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Il kit di sopravvivenza per il P.N.A.
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