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Navigare oggi

( su una nave militare )

 

Ci troviamo a bordo di una delle più sofisticate Unità di una Marina Militare. La nave è equipaggiata con gli ultimi sistemi elettronici per condurre la navigazione con sicurezza tra i quali:

·         un sistema ECDIS per la navigazione, che  consente  la visualizzazione della cartografia

·         Elettronica ENC

·         un radar ultra sofisticato

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Navigare oggi

( su una nave militare )

 

Ipotizziamo che per vari motivi tecnici e con una elevata esagerazione, che tutta questa moltitudine di strumentazione vada in avaria.

L’Ufficiale di Rotta deve essere in grado di riportare a casa la nave e il suo equipaggio con il

“ kit di sopravvivenza ”:

-      bussola magnetica

-      sestante

-      orologio

Ecco brevemente spiegato uno dei motivi perché si continua ad insegnare la Navigazione Astronomica nel 2° millennio, periodo temporale dove il GPS sta spopolando e lo si ritrova in innumerevoli applicazioni, militari e civili.

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Navigare ieri

( su una nave primitiva )

 

Il problema di dirigere la nave fu uno dei più difficili che l’uomo dovette affrontare fino dai primordi della civiltà.

In mare aperto si osservava il corso degli astri riferendo la posizione della nave ed i suoi spostamenti alle posizioni di certe stelle, con regole di orientamento stellare ricavate da una lunga esperienza tramandata di  generazione in generazione.

Ovvero su quali stelle si dovessero osservare a prua od in altra direzione rispetto alla nave a seconda delle stagioni ed in ore diverse.

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Navigare ieri

Questa arte di dirigersi con " stelle-guida " indicanti  particolari angoli fra la rotta e le direzioni delle levate e dei tramonti del Sole e delle stelle, fu usata dai naviganti Polinesiani fin da tempi molto remoti, durante la loro espansione nell’Oceano Pacifico.

Un’esperienza secolare aveva indicato, per ogni percorso sul quale quei naviganti si spostavano, da un'isola all'altra o da un'isola al continente, un succedersi di direzioni e di angoli secondo cui si dovevano osservare, durante la traversata, determinate stelle ed il Sole sorgenti o tramontanti o più o meno alti sull'orizzonte.

La Navigazione Astronomica fu, senza dubbio, la più antica guida per l'uomo che si avventurava sul mare aperto. Le costellazioni delle Orse, ruotanti intorno al polo celeste boreale, avevano indicato non solo il trascorrere delle ore durante la notte, ma anche la direzione di quel punto del cielo, o polo, che è il centro della rotazione diurna di tutti gli astri. E quella direzione, fissa nello spazio, poteva essere usata riferendo ad essa, sul piano dell'orizzonte, tutte le altre direzioni dei punti della superficie terrestre e degli astri.

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Navigare ieri

 

Nasceva così, la direzione di riferimento che fu chiamata meridiano perché nel suo piano verticale gli astri raggiungevano le altezze più elevate a metà del loro corso diurno; e assunta tale direzione come fondamentale, nasceva quella che fu forse la più antica creazione dell'ingegno umano: la rosa dei venti.!

Sia in terraferma che sulle navi, la rosa dei venti, avente per cardine il meridiano, indicava le direzioni e consentiva di seguirle. Ma la direzione dell'asse dei poli celesti non fu la sola ad essere considerata come fondamentale direzione di riferimento, perché un altro grande fenomeno regolava la vita degli uomini: il sorgere del Sole che, portando la luce ed il calore, indicava la fonte ed il risveglio della vita.

Là, a levante, doveva trovarsi il primo cardine del mondo!

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Navigare ieri

 

Il più antico esemplare datato è la carta di Pietro Vesconte, prodotta a Venezia nel 1311, conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, che rappresenta il Mediterraneo centro-orientale e il Mar Nero.

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Orientarsi ieri

 

E cosi, fra i popoli dell'antichità dominarono queste due concezioni:

·         l'asse della rotazione diurna, fisso, perenne, intorno al quale ruotava il cielo

·         l'asse Oriente-Occidente, dal quale derivò l'idea di dividere la Terra nelle due grandi regioni settentrionale e meridionale.

Prevalse la prima concezione, ma la seconda durò a lungo e lasciò numerose e profonde tracce: molte rose dei venti ebbero il loro punto di origine nell'oriente e "orientarsi" significò sapersi dirigere.

Molte carte geografiche e nautiche furono costruite col levante in alto e nella divisione del giorno in ore ne fu fissato l'inizio al sorgere del Sole.

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Orientarsi ieri

 

Con le grandi scoperte geografiche dei secoli XV e  XVI si allargò il campo della navigazione astronomica, perché nelle traversate oceaniche il navigante, perduta di vista la terra, poteva dirigersi soltanto con gli astri.

Già gli antichi si erano serviti delle Orse per trovare la direzione del Nord.

Misurare con qualche rozzo quadrante l'altezza della Polare e l'altezza meridiana del Sole, avevano indicato la latitudine ai Fenici, ai Greci, ai Romani; ma quelle sole indicazioni non bastavano a condurre con sicurezza la nave da una sponda all'altra delle immense distese degli oceani.

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Lossodromia

Doveva essersi perduto il ricordo delle "rotte stellari" che avevano guidato le prime lunghe navigazioni in mare aperto compiute senza bussola; con l'avvento della bussola, anche nelle sue forme più primitive, la nave aveva trovato il suo naturale sentiero seguendo quella linea, formante lo stesso angolo con tutti i meridiani, che verrà chiamata "lossodromia" .

Ma anche seguendo la lossodromia, nata con la bussola ed imposta dal suo uso ormai generalizzato, al navigante che attraversava gli oceani si presentava il problema di determinare un "punto-nave" che non fosse più "stimato" bensì offrisse un grado di precisione adeguato alle esigenze della navigazione moderna e fosse determinabile usando metodi e strumenti nuovi .

Fu quindi duplice l'impegno di Astronomi e Navigatori nel perfezionare l'Astronomia per perfezionare la Nautica, nel creare la più bella di tutte le applicazioni pratiche della Scienza dei Cieli: la "Navigazione astronomica". I secoli XV e XVI furono dunque determinanti per il progresso della civiltà occidentale e quindi per l'evoluzione della scienza nautica e per la storia della navigazione europea .

Gli uomini, sollevatisi dalle paure e dall'ignoranza medievali, furono spinti all'ulteriore scoperta del mondo, all'indagine scientifica, a nuove avventure.

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Enrico di Portogallo

Fu proprio con l'intento di indirizzare l'attività marittima verso l'esplorazione di terre ignote, che il principe ENRICO di PORTOGALLO (1394-1460), detto il NAVIGATORE, fondò a Sagres (Portogallo), in prossimità di Capo San Vicente, un osservatorio, completato nel 1420, dove riunì astronomi, matematici, cartografi, geografi e marinai di tutta Europa.

Egli aveva intuito che i mezzi allora a disposizione erano insufficienti per affrontare l'oceano: occorreva acquisire una maggior precisione nella condotta della navigazione e ricorrere a strumenti astronomici per determinare con certezza la posizione della nave in mare aperto; Sagres divenne pertanto un centro del sapere nautico dove si perfezionavano dispositivi e metodi atti alla navigazione oceanica e si organizzavano spedizioni alla scoperta di paesi sconosciuti.

I marinai ritornavano dai loro viaggi con importanti bagagli di esperienze e conoscenze che erano di stimolo ad intensificare studi, ricerche e avventure sempre più ardite.

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Geographia” di Tolomeo

 

Nel 1409 si era verificato un evento di grande rilevanza per l'ulteriore progresso della scienza nautica, ovvero il rinvenimento della Γεωγραφία (zGeographia ) di Tolomeo;

l'opera fu tradotta dal greco in latino e si diffuse fra i dotti europei che furono spinti ad adottare un sistema di coordinate per indicare le posizioni geografiche.

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La Terra sferica

 

Si ricominciò pertanto a parlare di TERRA SFERICA, di longitudine e latitudine e

a Sagres si iniziò ad insegnare come determinare la latitudine, misurando le altezze angolari (Alturas) degli astri.

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Misurare la latitudine

 

Il primo strumento, usato dai naviganti europei a tale scopo, fu il Quadrante che, menzionato per la prima volta in un documento del 1456, era sicuramente in uso ben prima di quella data: consisteva in un settore circolare di 90°, in legno o metallo, con il lembo graduato, che recava su uno dei lati due traguardi per osservare l'astro, mentre un filo a piombo consentiva di misurarne l'altezza.

Navigare “per alturas” divenne un metodo diffuso di navigazione astronomica: il pilota determinava la latitudine in mare misurando l'altezza della Stella Polare.

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Astrolabio nautico

Verso la fine del XV secolo venne in uso l'Astrolabio Nautico; derivato dal complesso astrolabio astronomico di età ellenistica, perfezionato dagli Arabi che ne fecero largo impiego e probabilmente messo a punto nel centro di Sagres, esso si componeva di uno spesso cerchio sul quale erano incise due scale diametralmente opposte; un'alidada munita di due traguardi permetteva di osservare gli astri e determinarne le altezze, mentre un anello girevole consentiva di tenerlo sospeso e il suo notevole peso (5-6 kg) ne assicurava la stabilità anche in presenza di vento.

Per impiegarlo occorrevano tre operatori: uno sosteneva lo strumento, uno traguardava l'astro ed il terzo procedeva alla lettura, ottenendosi in tale modo, rispetto al quadrante, una maggior precisione nella lettura delle altezze, che tuttavia restava ancora limitata, essendo prossima al mezzo grado. Poteva misurare l’altezza del Sole, indicata dalla diottra sulla scala dei gradi, quando un raggio attraversava il foro della piastra anteriore e colpiva il centro della piastra posteriore.

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I grandi navigatori

 

Con l'astrolabio nautico, il quadrante e le effemeridi perpetue, COLOMBO, VESPUCCI, e VASCO DE GAMA e MAGELLANO partirono per le loro imprese e come loro altri navigatori oceanici dell'epoca.

Questi strumenti permettevano di ricavare, con una certa approssimazione, la latitudine e di controllare, con essa, la posizione!

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I grandi navigatori

 

Nel Rinascimento, astronomi e navigatori, cooperarono per portare la Nautica all’altezza dei suoi nuovi compiti; dagli astronomi vennero creati e perfezionati nuovi metodi di osservazione e calcolo per la determinazione della posizione in mare.

Specialmente in Italia e Germania l’astronomia realizzò notevoli progressi nel secolo XV.

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Paolo Dal Pozzo Toscanelli

 

In Italia l’astronomia di osservazione progredì per merito di Paolo DAL POZZO TOSCANELLI diligente osservatore di posizioni del sole e di comete e studioso delle applicazioni alla Nautica dei metodi e degli strumenti usati dagli astronomi.

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Ricostruzione del planisfero perduto del Toscanelli

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È introdotta la Trigonomentria

 

In Germania, l'astronomo GEORG PEUERBACH fu autore di un trattato “Theorica nova planetarum” e fu il primo in Europa, a fare uso della trigonometria, ereditata dagli arabi.

Egli fu maestro, all'università di Vienna, di JOHANNES MÜLLER, detto "Regiomontano".

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Effemeridi famose

A lui è dovuto un celebre volume di effemeridi astronomiche dal titolo: Kalendarium Magistri Joannes de Monte Regio.

I grandi navigatori, tra cui COLOMBO e VESPUCCI utilizzarono nei loro viaggi quelli che all’epoca potevano essere considerati i più moderni metodi di astronomia nautica.

Cristoforo Colombo si cimentò nella determinazione astronomica della longitudine; aveva con sé le preziose Effemeridi del Regiomontano che riportavano, tra l'altro, gli istanti di inizio e fine delle eclissi lunari.

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La metodologia di Colombo

 

Osservando tali fenomeni nel corso del secondo viaggio (1493-1496) e del quarto viaggio (1502-1504) verso l’Occidente, egli calcolò, anche se con molta approssimazione, la longitudine dei luoghi ove si trovava, ovvero Hispanola e Giamaica, rispetto a Norimberga.

Il metodo, già noto agli Antichi, si basava sul principio che la differenza tra l'ora dell'eclissi riferita a un certo meridiano e l'ora locale in cui si verificava lo stesso fenomeno, avrebbe indicato la longitudine del luogo rispetto al meridiano di riferimento.

Non vi sono risultanze del fatto che Colombo abbia sperimentato il metodo proposto da vari astronomi tra il finire del '400 e l'inizio del '500, basato sulle distanze lunari, metodo che ebbe tante applicazioni nei secoli successivi fino a tutto il 1800.

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Vespucci determina la longitudine

Cristoforo Colombo partì per la sua impresa, “buscar el levante para el poniente”, sicuro della sua idea, ispirata dagli insegnamenti di Sagres e poi maturata attraverso gli studi classici, la lettura dell'Imago mundi di Pietro d'Ailly del 1396, gli incontri con gli scienziati contemporanei tra i quali il cartografo tedesco Martin BEHAIM, costruttore del famoso globo del 1491 e la corrispondenza con il fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli, che gli fornì una propria carta nautica incoraggiandolo all'impresa.

Esistono documenti che parlano di una determinazione di longitudine, fatta nell'agosto 1499, nel Venezuela, da Amerigo Vespucci con l'osservazione di una occultazione di Marte con la Luna; dalla quale risultò una differenza di 74° del Venezuela rispetto al meridiano delle Canarie. Errori delle tavole, difetti delle osservazioni, produssero un forte errore di oltre 30°. La moderna navigazione astronomica muoveva i suoi primi difficili passi.

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La balestriglia

 

Il metodo, già noto agli Antichi, si basava sul principio che la differenza tra l'ora dell'eclissi riferita a un certo meridiano e l'ora locale in cui si verificava lo stesso fenomeno, avrebbe indicato la longitudine del luogo rispetto al meridiano di riferimento.

Non vi sono risultanze del fatto che Colombo abbia sperimentato il metodo proposto da vari astronomi tra il finire del '400 e l'inizio del '500, basato sulle distanze lunari, metodo che ebbe tante applicazioni nei secoli successivi fino a tutto il 1800.

Nel corso del XVI secolo venne in uso a bordo la Balestriglia o Mazza di Giacobbe, un nuovo strumento per misurare gli angoli che soppiantò, per la sua facilità d'impiego, il quadrante e l'astrolabio. Martin CORTES, nella sua Arte de navegar pubblicata nel 1551, fornisce la prima descrizione completa della balestriglia, o Cross-Staff per gli Inglesi: era generalmente di legno e si componeva di uno o più regoli di varia lunghezza, scorrevoli su una staffa a sezione quadrata,

graduata secondo una scala delle cotangenti.

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Il kamal

 

Sullo stesso principio della balestriglia era stato concepito il Kamal, che in arabo significa “guida”, usato dai piloti arabi dell'Oceano Indiano.

Derivato probabilmente dalla «dioptra» di età classica, era costituito da una o più tavolette di legno o di avorio, di forma rettangolare, con un foro centrale in cui era fissata una sagola graduata, che aveva le stesse funzioni della staffa nella balestriglia.

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Il quadrante di Davis

 

Alla fine del XVI secolo, quasi a coronare il rapido affermarsi della navigazione astronomica in quel periodo, comparve un nuovo strumento: il quadrante di Davis, ideato nel 1594 dal navigatore inglese John DAVIS, quello stesso che, tra il 1585 e il 1587, effettuò una spedizione polare alla ricerca di un passaggio a Nord-ovest dell'America, scoprendo in quell'occasione lo Stretto che porta il suo nome, tra la Groenlandia e l'isola di Baffin.

Nel 1594 egli pubblicò un'opera intitolata The seaman's secret, in cui dava la descrizione dello strumento da lui inventato.

Il quadrante si usava dando le spalle al Sole, da cui il nome inglese di Back-Staff, così da misurare l'altezza senza essere abbagliati. Rapidamente esso sostituì i precedenti strumenti astronomici impiegati a bordo e rimase in uso fino alla metà del XVIII secolo quando apparvero gli strumenti a riflessione. Seppur modificato e perfezionato nel tempo, il quadrante di Davis rimase in uso fino al 1731, quando fu presentato il quadrante di Hadley.

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Il notturlabio

 

Sempre nel XVI secolo fu ideato il Notturlabio, descritto per la prima volta nel 1581, impiegato per determinare l'ora di notte e per ottenere le correzioni da apportare all'altezza della Polare, al fine di ottenere la latitudine osservando la posizione delle «Guardie», ovvero le stelle della costellazione dell’Orsa Maggiore, con il cui prolungamento si individua la Stella Polare.

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Gli strumenti ricostruiti da Giancarlo Boaretto

 

Alcune foto di antichi strumenti ricostruiti a cura della “Associazione Culturale il Sestante” e visibili presso il Museo Marinaro “Tommasino-Andreatta” di Chiavari sito presso la Scuola Interforze di Telecomunicazioni di Chiavari.

Si vedono una balestriglia, un quadrante ed un Kamal. La moderna astronomia copernicana venne codificata solo nel 1600 a seguito dell'invenzione del Telescopio che permise misure astronomiche esatte.

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Il quadrante

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Il kamal

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Galileo Galilei

 

GALILEO GALILEI ne fu il primo utilizzatore e, con le sue scoperte, fornì un importante contributo ai suoi successori e in particolare a NEWTON; Galileo scoprì inoltre l'isocronismo del pendolo che portò alla realizzazione dell'orologio, basato su questo principio, ideato nel 1659 dall'olandese HUYGHENS.

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Keplero e Newton

 

KEPLERO tra il 1609 e il 1619 pubblicò le sue tre leggi sui moti planetari. Tuttavia, solo nel 1687 si verificò quello che è considerato il più grande evento nella storia dell'astronomia, ovvero la pubblicazione dei “Principia” di NEWTON, nei quali si formulava la legge di gravitazione universale.

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L’almanacco di Nevil Maskelyne

 

Gli astronomi furono dunque messi in grado di prevedere con accuratezza le posizioni dei corpi celesti e di elaborare le relative tavole, rivolte principalmente alle loro proprie esigenze di studio, sebbene fossero di grande utilità anche per i naviganti.

Si dovrà aspettare però il 1696 per avere le prime Effemeridi Nautiche ufficiali ad uso esclusivo dei naviganti, ovvero la Connaissance des temps, prodotta in Francia dall'Osservatorio Nazionale, cui fece seguito, nel 1767, il primo Nautical Almanac inglese, pubblicato dall'astronomo reale Nevil MASKELYNE.

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Effemeridi Nautiche

Istituto Idrografico della Marina

 

Più tardi, nel 1852, comparve l'American Ephemeris and Nautical Almanac per l'anno 1855, mentre le prime EFFEMERIDI NAUTICHE italiane furono pubblicate dall'Istituto Idrografico della Marina nel 1916.

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Effemeridi Nautiche

 

Ma il fenomeno astronomico che meglio si offrì alle osservazioni fatte allo scopo di determinare il tempo T del meridiano di riferimento fu quello delle distanze lunari, proposto dagli astronomi del Rinascimento.

L'astronomo Johannes WERNER propose di misurare la distanza angolare dalla Luna rispetto ad una stella zodiacale e di dividere l'arco misurato per il moto orario lunare vero, onde ottenere l'intervallo di tempo fra l'istante della misura e la congiunzione.

Essendo noto l'istante della congiunzione, dato dalle Effemeridi per un altro luogo, si poteva ottenere la differenza di longitudine fra i due luoghi dalla differenza fra i tempi delle due congiunzioni.

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Il moto della Luna

 

È ben noto infatti che la Luna presenta il più rapido moto reale intorno alla Terra (l'ascensione retta aumenta con una velocità oraria media di 32').

Il moto della Luna fra le stelle verso levante è tale da far corrispondere ad ogni posizione dell'astro un istante di tempo esprimibile con un'ora ben precisa.

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Il moto della Luna

 

Più semplicemente, si può dire che la Luna si muove sulla sfera celeste come la lancetta di un orologio che ruoti sul grande quadrante della sfera stellata in modo tale che la sua posizione possa essere rigorosamente indicata in ogni istante mediante l'angolo, rapidamente variabile, che essa forma con un altro astro.

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I satelliti di Giove

 

Un altro fenomeno celeste che può essere osservato simultaneamente da molti punti della Terra allo scopo di determinare il tempo preciso T di una osservazione e di dedurre, poi, la longitudine, fu scoperto nel gennaio del 1610, nel cielo di Padova, da GALILEO GALILEI allora docente in quella Università.

Già nel marzo dello stesso anno Galileo annunziò nel suo celebre Sidereus Nuncius, la scoperta di quattro piccoli astri che ruotano intorno a Giove; di quattro "satelliti" di Giove che, in onore del Granduca Cosimo II de' Medici di Toscana, chiamò "Astri Medicei".

Quegli astri ruotavano intorno al pianeta con moti molto rapidi, dando luogo ad eclissi la cui osservazione poteva indicare numerosi e precisi istanti utilizzabili per il calcolo delle longitudini, ben più delle rare eclissi lunari.

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I satelliti di Giove

 

Le Stelle Medicee, che dalla metà del XX secolo acquisirono gli attuali nomi di Io, Europa, Ganimede, Callisto, rivelarono ben presto all'occhio acuto di Galileo molte particolarità dei loro movimenti.

Egli giunse a determinare, con una precisione vicina a quella delle osservazioni moderne, i tempi delle loro rivoluzioni sinodiche intorno a Giove; e fra il 1611 ed il 1612 scoprì quali nuove possibilità offrivano alla soluzione del problema della longitudine.

Si trattava di studiare quei fenomeni allo scopo di trovarne le leggi precise e di compilare le Effemeridi che ne prevedessero le ore: problema arduo che avrebbe potuto essere affrontato e risolto con l'aiuto di mezzi adeguati.

Una occasione per proporre l'applicazione del nuovo metodo e chiedere aiuti, si presentò nel 1612 quando il governo di Madrid chiese al Granduca di Toscana di armare e far navigare, per combattere i corsari, alcuni galeoni che giacevano inoperosi nel porto di Livorno.

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I satelliti di Giove

 

Il Granduca accolse la richiesta, ma domandò in cambio alcuni privilegi riguardanti il commercio con le Indie; ed aggiunse uno scritto, noto col nome di “Proposta della longitudine” che, quantunque menzioni Galileo come terza persona, si vuole che appartenga a Galileo stesso.

La Proposta metteva in rilievo l’importanza del nuovo metodo, sostenendone la superiorità rispetto alle eclissi lunari.

Al tempo di Galileo le distanze lunari erano, rispetto alle eclissi di Luna, una innovazione che attendeva di potersi affermare e che, in tempi nei quali la diffusione della cultura e del progresso erano lentissimi, doveva attendere ancora a lungo prima di essere ben conosciuta e di diventare di uso comune.

Il governo spagnolo, non si sa bene per quali ragioni, lasciò cadere l'offerta; e vani furono i tentativi compiuti in seguito da Galileo, tramite l'ambasciatore toscano a Madrid, conte Orso D'Elci, per superare le lungaggini burocratiche e lo scarso impegno dei diplomatici a cui le trattative erano affidate.

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Galilei, i Medicei e la longitudine

 

Una sola obiezione, in verità molto fondata, poteva essere fatta all’invenzione galileiana: la difficoltà di osservare i satelliti da bordo, ove, a causa dei movimenti della nave, non era possibile l'installazione di cannocchiali fissi.

Ma Galileo, forse troppo fiducioso della sua invenzione, rispondeva proponendo un rimedio consistente in una "testiera" o “celatone” che si adattava al capo dell'osservatore fornito di un cannocchiale a cui si applicava un occhio, mentre l'altro, libero, guidava il puntamento del cannocchiale.

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Il celatone e padre Castelli

 

Tale strumento fu sperimentato da Galileo stesso a Livorno e dal Padre Benedetto Castelli, fido collaboratore dello scienziato, a cui era stato affidato l'incarico di insegnarne l'uso agli Ufficiali della Marina Toscana.

Svanite le speranze di ricevere aiuti dalla Spagna, della determinazione della longitudine mediante i satelliti di Giove non si parlò più fino a dopo le tempestose vicende che nel 1633 portarono Galileo ad essere confinato nel "carcere" di Arcetri.

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L’Olanda e Ugo Grozio

 

Ma ad Arcetri egli pensò ancora al problema della longitudine, e nel 1636 si rivolse ad un'altra grande nazione marinara, l'Olanda, scrivendo agli Stati Generali una lettera nella quale offrì in dono il suo trovato e palesò anche l'invenzione di un misuratore del tempo molto preciso e di semplice costruzione.

Si trattava della prima idea della applicazione del pendolo agli orologi.

L'Olanda non fu sorda all’offerta di Galileo ed iniziò trattative col patrocinio dell’olandese Ugo Grozio, ambasciatore a Parigi della regina di Svezia.

In una lettera del 26 aprile 1637 gli Stati Generali espressero a Galileo tutta la loro gratitudine per la preziosa offerta e gli inviarono in dono una superba collana d'oro accompagnata dalla promessa di future più larghe ricompense.

Galileo ringraziò della lettera, ma dovette rifiutare la collana per evitare reazioni ecclesiastiche.

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Vincere il rollio della nave

 

Anche questa volta furono sollevate obiezioni ed avanzate richieste di chiarimenti, alle quali Galileo rispose con una lunga lettera nella quale accennò alla possibilità di sottrarre l'osservatore ai movimenti della nave, di migliorare il “celatone” e di usare un nuovo misuratore di tempo del quale mise in rilievo la grande precisione.

Nel 1638 gli Stati Generali decisero di inviare in Italia Martino Ortensio, perché potesse ricevere da Galileo tutte le istruzioni per superare le difficoltà che ostacolavano l’applicazione del metodo; ma una severa proibizione impedì a Galileo di ricevere l’"eretico" olandese.

Lo sviluppo della navigazione oceanica faceva sentire il bisogno di ulteriori progressi non soltanto nei mezzi di osservazione, ma anche nei procedimenti di calcolo con i quali si doveva determinare la posizione della nave.

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Longitudine: ecco il problema

 

Gli strumenti a visione diretta, dai quali si potevano ottenere misure con l'approssimazione dei gradi, non erano più all'altezza dei tempi e consentivano per lo più delle osservazioni meridiane per il controllo della latitudine.

Mancavano metodi di calcolo da cui ottenere, per mezzo di osservazioni astronomiche, la longitudine, che fino ad allora era stata determinata soltanto come coordinata del punto stimato senza alcuna possibilità di controllo.

Il problema ancora insoluto riguardava dunque la determinazione della longitudine in mare con metodi semplici e sufficientemente precisi da poter essere calcolati con i mezzi di bordo.

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Longitudine: ecco come si può ricavare

 

Il principio su cui è fondata la determinazione astronomica della longitudine risale all'antichità e si può enunciare molto semplicemente: la longitudine λ di un punto della superficie terrestre, contata da un particolare meridiano di riferimento, è uguale alla differenza fra i valori simultanei del tempo locale ( t ) di un astro e del tempo dello stesso astro rispetto al meridiano di riferimento ( T ).

La formula, ben nota, λ = t - T, che esprime tale principio è quella conclusiva con la quale la longitudine venne trovata in tutte le epoche.

La determinazione della longitudine con l'osservazione delle eclissi dei satelliti di Giove fu molto usata nelle operazioni di terraferma aventi lo scopo di costruire o di correggere le carte geografiche e idrografiche. CASSINI, con questo metodo, cartografò tutta la Francia.

Si deve considerare che il progresso nella determinazione della longitudine in mare sarebbe stato inutile se non fossero state corrette sulle carte nautiche le posizioni dei punti costieri; le quali, invece, come quelle di molti punti della terraferma, erano affette da forti errori.

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Longitudine: ecco il problema

Basti dire che alla fine del '600 le longitudini di Capo Clear (a sud dell’Irlanda) e di Capo San Vicente (Portogallo) erano errate rispettivamente di 4° 30' e di 6° all'Ovest, e che l'estrema costa bretone era spostata all'Ovest di oltre 2°.

Le distanze lunari e le eclissi dei satelliti di Giove offrivano soluzioni del problema della longitudine ancora insufficienti ad una condotta esatta e sicura della navigazione. Ancora dotati di un grado di precisione dell'ordine di grandezza dei gradi o richiedenti osservazioni lunghe, difficili e non sempre possibili, quei metodi, pur tanto utili, non risolvevano ancora in modo definitivo il secolare problema e che avrebbe potuto considerarsi risolto solo quando le navi fossero state dotate di un orologio regolato sul tempo T del meridiano di riferimento.

La determinazione della longitudine era, in sostanza, un problema di orologeria; si trattava di costruire un orologio che offrisse perfetta regolarità di funzionamento malgrado i movimenti della nave; che, regolato sull'ora del meridiano di riferimento della longitudine, la conservasse entro i limiti di approssimazione dell'ordine di grandezza dei secondi di tempo, poiché un errore di 4 secondi produce un errore di un primo sulla longitudine, l’errore di un minuto di tempo un errore di 15 primi di longitudine.

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L’incidente alle Scilly

 

In Inghilterra, il 22 ottobre 1707 ebbe luogo un grave incidente navale.

La Flotta Inglese, al comando dell’Ammiraglio Cloudesley Shovell sulla via del ritorno verso la madre patria dal Mediterraneo, andò a sfracellarsi sugli scogli in prossimità delle isole Scilly, causando la morte di circa 2000 uomini.

Successivamente fu determinato che la principale causa del disastro fu l’incapacità nella corretta determinazione della posizione ed in particolare della longitudine.

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La flotta comandata dall’ammiraglio

Cloudesley Showell

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Il concorso per il

cronometro marino

 

Nel 1714 venne istituito, con atto del Parlamento approvato dalla regina Anna, una Commissione, chiamata Board of Longitude, della quale facevano parte i più valenti astronomi ed uomini di mare, vennero offerti premi di 10.000, di 15.000 e di 20.000 sterline a chi avesse scoperto come determinare la longitudine rispettivamente con l'approssimazione di 1°, ¾ di grado e di mezzo grado.

 

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John Harrison

 

L’insufficienza di tutti i metodi fino ad allora impiegati e le difficoltà che si opponevano alla ricerca faticosa e poco proficua avevano creato un diffuso senso di pessimismo e perfino il timore che alla soluzione di quel problema si opponesse qualche divieto divino(!).

Ma i Governi e gli uomini di scienza non si arresero; e furono i progressi nell'arte di costruire gli orologi che condussero alla soluzione del problema. E fu tale convincimento, insieme alle offerte dei premi, che incoraggiò gli sforzi dei ricercatori, malgrado vi fosse chi si ostinava a disperare. Il massimo premio del Board of Longitude andò, dopo tutta una vita dedicata ai cronometri e non senza controversie, a John HARRISON, nato nel 1693 a Foulby, nello Yorkshire.

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Harrison: il cronometro del 1736

 

Harrison, già nel 1728, aveva progettato un orologio a molla che riteneva dovesse funzionare bene, malgrado ogni traversia marittima; e incoraggiato dal valente orologiaio George Graham, inventore dello "scappamento a riposo", continuò negli anni successivi a perfezionare il suo modello; finché lo presentò al Board of Longitude nel 1736.

Nello stesso anno il cronometro di Harrison fu provato in un viaggio di andata e ritorno fra Londra e Lisbona sulla nave “Centurion” con esito soddisfacente;

ma l’autore ricevette soltanto una sovvenzione di 500 sterline con l’invito a perfezionare ulteriormente l’apparecchio.

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Harrison: il cronometro N° 4

Una seconda prova ebbe luogo nel 1761, a causa della guerra fra Inghilterra e Spagna; e nel frattempo Harrison costruì altri due cronometri che non risulta fossero provati dal Board of Longitude, ed un quarto cronometro che era un orologio a molla dal diametro di 12 cm.

A bordo del "Deptford", in un viaggio da Portsmouth a Giamaica, il nuovo cronometro, che fu indicato con

"N° 4" ed affidato alla cura di William Harrison, figlio del costruttore, presentò una variazione di soli 26 secondi in 81 giorni. Nel viaggio di ritorno, sul "Merlin”, compiuto nel gennaio 1762, ebbe un ritardo di 1m 54s in 147 giorni.

Il cronometro "N° 4" di Harrison aveva superato la massima precisione richiesta dal Board, ma queste eccellenti prove non convinsero l'incredula e severa Commissione; e fu soltanto dopo un altro viaggio a Barbados del 1764 ed un definitivo esperimento compiuto nel 1772 sulla "Resolution", comandata dal celebre capitano COOK nel suo secondo viaggio, che John Harrison, non senza discussioni e contrasti, e

con una supplica al re Giorgio III, poté ricevere, nel 1773, il massimo premio di 20.000 sterline.

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Harrison: problemi di riproducibilità

 

Harrison aveva dovuto, a motivo della sua cattiva salute, affidare il "N° 4" all'orologiaio Larcom Kendall, al quale il Board aveva richiesto una fedele riproduzione dell'apparecchio da sottoporre alla prova sulla "Resolution"; ed il Kendall aveva inciso il suo nome sulla macchina da lui costruita generando l'equivoco in cui cadde il Comandante Cook quando, volendo elogiare la grande invenzione scrisse sul suo giornale di bordo “che la longitudine non sarà più un errore se si avranno a disposizione strumenti simili all’orologio di Mr Kendall”.

Rivalità e gelosie tentarono di carpire ad Harrison il merito che gli fu, invece, universalmente riconosciuto.

Poiché il cronometro di Harrison, da lui chiamato "time keeper", poco si prestava ad ulteriori perfezionamenti e non era facilmente costruibile, il governo inglese offrì un'altra ricompensa di 3000 sterline per un cronometro di più facile costruzione.

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Il cronometro di Mudge

 

L‘offerta fu accolta da Thomas MUDGE, altro famoso orologiaio che aveva fatto parte del Board of Longitude e che già aveva inventato, nel 1754, lo "scappamento a leva" col quale si rendevano gli orologi esenti dalle irregolarità dovute ai continui mutamenti di posizione.

Anche il cronometro creato da Mudge dette buona prova in un viaggio di andata e ritorno a Terranova, ma anche Mudge, come Harrison, incontrò non poche difficoltà prima di ottenere la ricompensa.

Solo dopo quattordici anni di controllo a Greenwich e dopo una petizione al Parlamento, gli furono concesse le 3.000 sterline.

Le esitazioni del governo britannico verso il cronometro di Mudge erano dovute all'arrivo all'osservatorio di Greenwich di un altro cronometro ritenuto migliore di quello di Mudge, ma non ancora provato, che era stato costruito dal giovane fabbricante John Arnold e che aveva incontrato il favore dell'astronomo reale Nevil Maskelyne.

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Gli specchi e le misure di angolo

 

Il bisogno di far progredire le determinazioni della longitudine rendendo sempre più precisi i cronometri, era accompagnato da quello non meno sentito di rendere più precise le osservazioni degli angoli dei quali si faceva uso nei calcoli.

Non poteva, quindi, durare oltre l'impiego di quei rudimentali strumenti a visione diretta quali erano gli astrolabi, i quadranti, le balestriglie.

In Inghilterra, nazione a cui tanto premevano lo sviluppo e la sicurezza della navigazione, furono fatti, sul finire del secolo XVII, i primi tentativi per utilizzare gli specchi nella misura degli angoli.

Il documento più antico in cui si accenna alla misura degli angoli mediante la riflessione degli specchi piani si legge in una Storia della Società Reale di Londra scritta dal Birch, alla data 22 agosto 1666.

La prima idea di uno strumento a riflessione fu dunque espressa da Robert HOOKE ma lo strumento che egli immaginò era ancora troppo lontano dall'offrire la possibilità di compiere misure soddisfacenti.

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Gli specchi e le misure di angolo

 

Nel 1731 1'astronomo Halley, esponendo alla Royal Society di Londra i suoi studi sui movimenti lunari, lamentava la mancanza di uno strumento atto a misurare le distanze angolari dalla Luna agli altri astri.

Alla seduta era presente John HADLEY, amico di Halley e studioso di problemi di ottica, il quale informò i Soci, nella successiva seduta del 13 maggio, dei risultati di alcune sue ricerche riguardanti la misura degli angoli nella navigazione.

Halley, venuto a conoscenza di tale descrizione, ricordò che Newton aveva in passato, comunicato alla Società Reale qualche cenno ad uno strumento basato sullo stesso principio.

Ma, effettuate ricerche nei resoconti delle sedute precedenti, risultò che Newton aveva in effetti, nell'agosto del 1699, avanzato una proposta di miglioramento del quadrante di Davis comunemente adoperato in mare.

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Ottante di Hadley

 

ADLEY continuò a perfezionare il suo strumento fino a sperimentarlo, nell'agosto del 1732, sullo yacht "Chatam", messo a sua disposizione dall'Ammiragliato.

La validità dell'ottante di Hadley fu subito riconosciuta e lo strumento, sperimentato in mare, fornì precisioni di 1 -2 primi, fino ad allora impensabili.

Occorsero circa 20 anni perché l'ottante di Hadley si diffondesse nella Marina inglese, intorno al 1750; nelle altre marine si diffuse molto più tardi.

Nel 1774 il capitano COOK, doppiando il Capo Horn sulla "Resolution" con rotta verso levante, determinò le coordinate usando distanze angolari Sole-Luna osservate con l'ottante, da poco introdotto nella marina britannica, trovando valori sensibilmente più vicini ai veri rispetto quelli che nel 1616 erano stati trovati con la balestriglia dagli olandesi Lemaire e Shouten i quali, navigando da levante, avevano doppiato, per primi, il terribile capo, aprendo il passaggio del Sud-Ovest.

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Sestante di Hadley/Godfrey

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I viaggi di James Cook

 

I tre viaggi di James COOK nell'Oceano Pacifico, tra il 1768 ed il 1779, costituiscono eventi emblematici della moderna navigazione: i principi dell'arte nautica erano stati stabiliti e il successivo secolo e mezzo fu esclusivamente dedicato al perfezionamento di strumenti e metodi.

Cook intraprese quindi per primo le traversate oceaniche avvalendosi di dotazioni, strumenti e tecniche moderne che gli consentirono di condurre la navigazione con una precisione senza precedenti. Ma come mai Cook intraprese questi viaggi?

Fu proprio l’invenzione del rivoluzionario cronometro di Harrison che convinse nel 1768 re Giorgio III che valeva la pena di rischiare ben 4.000 sterline per avviare il progetto di esplorazione del sud Pacifico.

La costa orientale dell’Australia era nota già da tempo e la Nuova Zelanda era stata scoperta un secolo prima dall’olandese Abel Tasman che le diede il nome, eppure, lì vicino, c’era qualcosa che non quadrava. L’Ammiragliato britannico ritenne fosse giunto il momento di fare chiarezza e esplorare nuovi territori.

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Halley e la distanza Terra-Sole

Ma l’argomento decisivo per convincere re Giorgio fu la straordinaria sequenza di avvenimenti astronomici prevista per il 1769: Venere il 3 giugno e Mercurio il 9 novembre sarebbero transitati in perfetto allineamento sul disco solare.

All’epoca, per perfezionare le conoscenze astronomiche, era importante misurare con precisione la distanza terra-sole (unità astronomica): Halley propose di misurare la parallasse di Venere e da questa misurare la distanza Terra-Venere pari a circa un quarto di unità astronomica.

Da questa idea di Halley nacque una collaborazione scientifica tra Gran Bretagna, Francia, Russia e colonie Americane che portò all’effettuazione di centinaia di misure in circa 150 luoghi differenti del pianeta in occasione dei transiti di Venere del 1761 e 1769.

Era dunque necessario osservare i transiti di Venere anche nell’emisfero Sud e per quest’ultimo la candidatura di Tahiti era perfetta e, una volta lì, cos’erano mai un altro paio di mesi di navigazione per andare a far chiarezza sulla misteriosa Nuova Zelanda?

 

 

 

 

 

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Le imprese di Cook

Il brillante tenente di vascello James Cook, appassionato cartografo e astronomo, venne incaricato di portare a terminare la spedizione al comando dell’Endeavour, che mollò gli ormeggi da Plymouth il 26 agosto 1768.

Con il suo carico di scienziati, strumenti, disegnatori, soldati e marinai, Cook puntò la prua verso i mari del sud e dopo un avventuroso doppiaggio di Capo Horn giunse a Tahiti il 13 aprile 1769. La Royal Society di Londra fornì alla spedizione i seguenti materiali: due piccoli telescopi a riflessione, un quadrante, un ottante, tre orologi astronomici (il cronometro fu usato da Cook solo nella seconda spedizione).

Cook portò al seguito anche un piccolo telescopio di sua proprietà. Questi strumenti, che al giorno d’oggi potrebbero sembrare primitivi, erano ai tempi considerati allo stato dell’arte.

Eseguita la misura dei transiti di Venere a Tahiti, il 13 di luglio Cook diresse verso la Nuova Zelanda per procedere nell’esplorazione di questa parte del Pacifico e osservare con successo, il 9 di novembre dello stesso anno, il transito di Mercurio. Per buona sorte entrambi i transiti furono con ottime condizioni meteorologiche.

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Sumner misura una longitudine di cui non è certo

 

Dalla «scoperta della longitudine» per più di un secolo si era praticata la navigazione astronomica con osservazioni separate per determinare la latitudine e la longitudine, e l'accuratezza del calcolo dipendeva dalla vicinanza del punto stimato a quello reale.

Solo con la scoperta occasionale nel 1837, del comandante Thomas H. SUMNER, fu introdotto il concetto della retta d'altezza.

Il capitano americano SUMNER il giorno 17 dicembre 1837, trovandosi a Sud del canale di S. Giorgio, fra l'Irlanda e la Gran Bretagna, dopo alcuni giorni di cattivo tempo, durante i quali non aveva potuto compiere osservazioni astronomiche, riuscì, verso le 10h e 30m del mattino, a osservare una altezza di Sole.

Con tale altezza, eguale a 12° 10', e latitudine stimata di 51° 37' N, all'ora Tm di Greenwich 22h 47m 12s (misurata con il cronometro ed espressa alla maniera astronomica), egli calcolò l'angolo al polo dell'astro, da cui dedusse il tempo vero locale: dal confronto di questo con l'ora vera di Greenwich, ricavò una longitudine che risultò eguale a 6° 23' W, ossia 17' ad Est di quella stimata uguale a 6° 40' W.

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La scoperta di Sumner

Il capitano Sumner, temendo che quel punto fosse affetto da un errore sensibile dovuto all’incertezza della latitudine stimata, ritenne prudente rifare il calcolo usando la stessa altezza e due latitudini eguali a φs + 10' e φs + 20'.

Trovò due punti che rispetto al primo erano situati in direzione EstNordEst a 27 miglia ed a 54 miglia di distanza. I tre punti, segnati sulla carta, risultavano sensibilmente in linea retta e, fortunata circostanza, quella retta passava per il battello fanale di Small, situato fra il secondo ed il terzo punto (che cadeva in terraferma sulla costa inglese).

Intuendo che la nave potesse trovarsi su quella retta il Sumner diresse per ENE, e, dopo circa un'ora, ebbe la soddisfazione di avvistare il fanale di prua.

Erano occorsi secoli per arrivare a quel risultato e perfezionare i mezzi necessari per raggiungerla: il sestante, che misurava le altezze, il cronometro che segnava l'ora con precisione, le Effemeridi che davano le precise posizioni degli astri; tutti mezzi essenziali e faticosamente creati dall'ingegno umano, senza i quali nessun progresso della nautica sarebbe stato possibile.

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Saint Hilaire perfeziona Sumner

 

Il metodo Sumner fu accolto con larghi consensi, anche da eminenti personalità. Anche in Italia i pregi del metodo Sumner e della retta di altezza non tardarono ad essere riconosciuti.

Il MAGNAGHI, nella prefazione alle sue Tavole e formule nautiche, edita nel 1877, scriveva: "Fra i calcoli per la determinazione della posizione dell'osservatore, venne data la preminenza al metodo di Sumner, come quello che, interpretando meglio le osservazioni, permette di trovare le indicazioni più utili al navigante".

Il metodo SUNMER fu successivamente messo a punto nel 1874 dal comandante SAINT HILAIRE della Marina francese ideatore del metodo per il tracciamento della retta che porta il suo nome e che è tuttora insegnato in Accademia Navale.

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Punto nave da Satellite

Da sempre l’uomo si è servito del cielo per orientarsi. Oggi la navigazione satellitare continua questa tradi-zione offrendo, grazie ad una tecnologia d’avanguardia, una precisione senza confronto rispetto a quella che si ricava dall’osservazione del sole e delle stelle.

Sviluppata da una trentina d’anni e all’origine a fini essenzialmente militari, questa tecnologia permette a chi dispone di un ricevitore di captare i segnali emessi da una costellazione di satelliti. In questo modo è possibile conoscere precisamente e in ogni momento la propria posizione nel tempo e nello spazio.

Il principio di funzionamento è semplice: i satelliti della costellazione sono dotati di un orologio atomico che misura il tempo con estrema precisione. I satelliti emettono segnali personalizzati indicanti l’ora di emissione. Il ricevitore a terra, incorporato ad esempio nel telefono cellulare, ha in memoria le coordinate esatte delle orbite di tutti i satelliti della costellazione.

Leggendo il segnale che riceve può anche riconoscere il satellite che lo ha emesso, determinare il tempo impiegato dal segnale ad essere ricevuto e quindi calcolare la distanza dal satellite. Per determinare l’esatta posizione è sufficiente che il ricevitore riceva simultaneamente il segnale di almeno quattro satelliti.

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Il sistema GALILEO

 

L'Unione Europea sta sviluppando un sistema globale di navigazione satellitare (GNSS), denominato GALILEO, che fornirà a partire dal 2013, una serie di servizi di posizionamento, navigazione e misurazione del tempo.

Le tecnologie innovative di Galileo potranno garantire l'assoluta precisione e continuità dei dati, cosa che non sono in grado di fare i due sistemi di navigazione satellitare oggi attivi, ossia l'americano GPS, il più diffuso nel mondo, e il russo GLONASS.

Galileo sarà il primo a poter fornire un ''certificato di garanzia del segnale''. Una novità che permette applicazioni al servizio di ambiti molto diversi, primo fra tutti la sicurezza nei trasporti e della navigazione marittima e aerea.

Il suo asso nella manica è un orologio atomico realizzato dall'industria italiana in grado di garantire un'accuratezza estrema, il maser passivo a idrogeno (Passive Hydrogen Maser, PHM). E' il primo orologio di questo genere a volare nello spazio e il più accurato mai messo in orbita, in grado di garantire un'altissima precisione (ritarda di 1 sec in 3 milioni di anni).

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Il P.N.A.

 

Tornando in Accademia Navale, nel corso degli anni, la determinazione del Punto Nave Astronomico (P.N.A.) si è potuta fare grazie alle Tavole a Soluzione Diretta (H.O: 214) a e ai primi calcolatori tascabili Tamaya NC 77 e 88.

A partire dal 1995 presso l’Accademia Navale, le classiche Tavole a soluzione diretta sono state rimpiazzate da software per computer realizzato dagli Insegnanti Idrografi.

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Il P.N.A.

 

Comunque ancora oggi, nonostante il dilagare dei satelliti GPS, è possibile determinare la posizione in mare aperto con l’osservazione astronomica ottenendo, per osservatori pratici, una precisione di circa 4 miglia che potrebbero sembrare tante ma se rapportate ad una immensità oceanica sono veramente un’inezia.

Per tale motivo nel corso della Campagne Addestrative del 1° anno sul Vespucci e del 2° anno sul San Giusto, gli Allievi si esercitano ogni giorno all’uso del sestante, sfruttando al massimo le moderne tecnologie disponibili, ma non dimenticando il loro personale “kit di sopravvivenza”.

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Il kit di sopravvivenza per il P.N.A.

 

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