Giuseppe (Bepi) Colombo
«... Un italiano nell’avventura spaziale. A lui si deve il progetto del “satellite al guinzaglio” NASA-Aeritalia  ... » 
 
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Breve biografia

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«... Giuseppe Colombo nasce a Padova dove segue i primi studi, si laurea presso l’Università di Pisa in matematica nel 1944, ritorna a Padova prima come assistente e poi come Professore Associato di Meccanica Teorica presso l’Università.  

Nel 1955 diventa Professore Ordinario di Meccanica Applicata presso la facoltà di Ingegneria di Padova; durante la sua carriera, tiene lezioni di Meccanica Celeste, Geodesia Spaziale, Meccanica delle Vibrazioni e Veicoli e Vettori Spaziali.  

Oltre all’impegno universitario partecipa a ricerche presso l’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics ed al Caltech ed al Jet Propulsion Laboratory, diventando consulente presso i maggiori centri spaziali degli Stati Uniti e membro di varie commissioni consultive di accademie nazionali ed internazionali. 

Fu premiato con la medaglia d’oro della NASA per gli eccezionali successi scientifici, nel 1971 ottenne il premio Feltrinelli e numerosissimi altri. 

Ebbe un’importante ruolo di promotore della ricerca spaziale presso l’Agenzia Spaziale Italiana (il centro di geodesia spaziale presso Matera porta il suo nome) e presso le industrie e le Università (Padova, Pisa, Torino) ... »

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La sonda Mariner 10 esplora Mercurio ...

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Il contesto in cui opera Bepi ... 
 

Nel 1965 vengono mature alcune osservazioni radar-doppler dei bordi di Mercurio che permettono di allocare con una buona confidenza il suo periodo di rotazione in 59±5 giorni. 

Precedentemente una pluralità di osservazioni ottiche avevano invece condotto alla conclusione che il periodo fosse di 88 giorni, cioè che Mercurio fosse in risonanza rotazione-orbita 1/1 come la Luna nei confronti della Terra. Questa convinzione era forte nella comunità degli astronomi, anche perché sembrava semplice pensare che gli attriti mareali avessero un ruolo simile a quello della Luna. 

Ma c’era in realtà anche un altro indizio che contraddiceva questo comune modo di sentire: era stata misurata la temperatura del lato buio di Mercurio alla massima elongazione e si era riscontrato che era troppo alta per essere compatibile con una continua permanenza nell’ombra. 

Questo lo scenario in cui si trova ad operare la fervida mente di Bepi Colombo. Egli intuisce che la rotazione di 59 giorni [misurazione di cui aveva fiducia] era molto simile ad un rapporto due terzi con il periodo orbitale di Mercurio, che quindi si sarebbe trovato in una risonanza rotazione-orbita di 3/2. 

Confidente in questo suo pensiero, decide di riesaminare i disegni delle osservazioni ottiche di Mercurio. Analizzando specialmente quelli delle formazioni che erano ravvicinate nel tempo, trova indizi su un periodo di rotazione che si poteva allocare sui 70 giorni. Prova dunque che la stima di 88 giorni era in buona parte frutto di idee preconcette. 
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 Giuseppe (Bepi) Colombo matura le sue convinzioni ... 
 

Rafforzato quindi nella sua convinzione procede, come sua abitudine [questo è davvero un tratto caratteristico dello scienziato], a tracciare uno scenario che permettesse una evoluzione dell’orbita di Mercurio fino a portarla in una situazione stabile di risonanza 3/2. 

Gli ingredienti della ricetta sono due ed anche semplici: il primo è la coppia mareale che il Sole esercita su Mercurio e che tende a rallentare il suo moto; il secondo è una asimmetria equatoriale di distribuzione di massa piccola di Mercurio [simile a quella della Luna], che crea un’ulteriore coppia [il paragone è simile a due masserelle simmetriche rispetto al baricentro] che si deve bilanciare con l’altra coppia per dare la stabilità. 

Ciò permette a Mercurio di essere catturato in quella risonanza in modo stabile. 

Ricordo, perché è importante, che l’articolo (Colombo e Shapiro) è del 1965, quindi molto prima dell’avventura di Mariner 10, che viene lanciato il 3 novembre 1973. 

Colombo è certo di questa sua convinzione, al punto che, quando sarà chiamato a partecipare in modo determinante al progetto Mariner 10, studia, tramite la tecnica dei “fly-by”, un’orbita della sonda che dopo l’incontro con Venere sia in risonanza 1/2 orbita-orbita con Mercurio. 

Quindi Mariner 10 incontra per tre volte Mercurio esattamente dopo due rivoluzioni, nelle identiche configurazioni spaziali e di illuminazione. Le foto raccolte sono la testimonianza che Bepi aveva avuto ragione nel lontano 1965. 
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Gli strani satelliti irregolari retrogradi dei giganti gassosi ...

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Ipotesi sul meccanismo di cattura dei satelliti irregolari ... 

Siamo negli ultimi decenni del secolo XX e le scoperte dei satelliti irregolari procedono a passi molto veloci. Si scopre addirittura che i satelliti irregolari retrogradi sono in numero superiore a quelli progradi [Colombo avrà una spiegazione anche per questo]. 

Era evidente che quei satelliti non potevano far parte della nebula vorticante in senso antiorario che ha dato forma a Giove ed ai satelliti progradi regolari. Quelli retrogradi dovevano essere stati catturati dall’esterno. 

Una certezza era anche che i quattro pianeti gassosi avevano circa la stessa numerosità di satelliti irregolari. 

Si tentano spiegazioni per la cattura in orbita stabile di questi corpi. Bisogna qui ricordare che, per Keplero, o un satellite è in orbita oppure non ci entrerà mai, a meno di considerare fattori dissipativi che possono cambiare i valori di semiasse maggiore ed eccentricità, conducendo anche alla cattura. 

Peccato che, data la lontananza dal corpo di riferimento [uno dei pianeti gassosi], e date le piccole dimensioni dei satelliti, l’effetto mareale è così piccolo che non si può pensare a questo fenomeno come utile per la cattura. 

Si sono allora immaginati scenari di rigonfiamento planetario tali da inglobare le orbite di alcuni di questi corpi. L’attrito con queste deboli atmosfere poteva condurre alla cattura. Ma per permanere in modo stabile, si doveva considerare anche una contrazione planetaria in modo che gli attriti cessassero. 

Inoltre questo scenario si poteva forse applicare ai giganti gassosi [Giove e Saturno], ma non ai giganti ghiacciati [Urano e Nettuno]. Così in sostanza le idee non erano né chiare né consolidate. 

Ancora una volta questo è lo scenario in cui si trova ad operare Bepi Colombo. Decide di studiare un possibile meccanismo di cattura che possa spiegare le numerosità di questi satelliti. 
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Un nuovo scenario di cattura dei satelliti irregolari si fa strada ... ed è vincente ! 

Grazie ad una fervida intuizione, Colombo ipotizza che eventuali urti tra corpi nello spazio possano fare sì che un corpo esca dal sistema e l’altro subisca una perdita di energia tale da permettere la cattura da parte dei giganti gassosi. 

È un’idea ardita, fuori degli schemi. Ma, statistiche alla mano, gli urti non sono poi così improbabili. 

Inoltre, perfezionamenti del modello, consentono di dire che non è strettamente necessario un urto, ma un passaggio ravvicinato [un quasi urto] in cui vengano scambiate cospicue energie. Ciò rende le probabilità molto più consistenti. 

Questo modello permette la cattura entro la sfera di Hill [la zona al cui interno prevale la gravitazione del pianeta, al di fuori comanda il Sole]. 

Naturalmente la sfera di Hill è proporzionale alla massa del pianeta, ma anche, inversamente, alla distanza dal Sole. Ciò permette che i pianeti giganti abbiano sfere di Hill confrontabili, nonostante la diversità di massa. 

Questa è una situazione che ben rende conto delle popolosità simili dei quattro gassosi. 

Leggo a proposito un articolo (David Jewitt, Scott S. Sheppard, Jan Kleyna 2004) che tratta questo argomento. L’ipotesi di cattura ipotizzata da Bepi Colombo si è dimostrata vincente! 
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Satelliti artificiali al guinzaglio ...

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 EDT electrodynamic tether ... ( satelliti al guinzaglio ) 
 

Negli anni 1970 Mario Grossi e Giuseppe Colombo fecero i primi studi su sistemi di satelliti con guinzaglio conduttore [EDT electrodynamic tether]. 

Il concetto era quello di avere due masse collegate da un filo conduttore. Il tutto diventa, da un punto di vista meccanico, equivalente ad un sistema risultante avente il baricentro lungo il filo. 

Il gioco delle leggi kepleriane fa sì che la massa inferiore tenda ad un’orbita più bassa e quella superiore ad un’orbita più alta. Così il filo rimane ben teso e il tutto si comporta come un corpo unico, la cui unica posizione d’equilibrio è la verticale locale. 

Ai capi del filo, che attraversa le linee di campo magnetico della Terra, si crea una differenza di potenziale che, applicata ad un carico, può fornire energia alla navicella principale. 

Naturalmente ciò a spese di un lieve abbassamento dell’orbita [nulla si crea, nulla si distrugge]. 

Un “tether” applicato al momento della dismissione di uno stadio vettore abbandonato, lo porterebbe rapidamente a bruciare nell’atmosfera. 

Su questo punto Colombo è stato un gran anticipatore, infatti molte missioni, anche successive alla sua morte, hanno confermato tecnicamente la sua idea. Ma i problemi di tipo tecnologico [resistenza del filo agli strappi], di tipo gestionale [evitare inclinazioni del filo tali che possano portare alla instabilità], il peso relativamente abbondante necessario, non hanno dato il successo sperato. 
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 La missione tether nelle parole di Franco Malerba ... 
 

Ricordo alcuni fatti narrati dall’astronauta Franco Malerba [“La vetta” – Franco Malerba 1993], che fanno capire l’estrema difficoltà di questa tecnologia. 

Egli si riferisce alla missione cui ha partecipato, che si proponeva di sfilare una ventina di chilometri di filo per fare esperimenti su questa tecnologia, ma leggiamo alcune parole estratte dalla sua narrazione: 

«... Ora possiamo comandare l’apertura del traliccio … Ma il connettore non si stacca … [con] un brusco impulso dei razzi di assetto dello Shuttle … il satellite … [è] ormai trattenuto solo dal filo» 

«Ma subito dopo l’involo, il satellite sembra piegare decisamente verso destra; il filo, finora ben visibile, fa un angolo sulla verticale di quasi 45 gradi e si avvicina a quel valore limite … oltre il quale il sistema non sarebbe più stabile» 

« ... arrivati a 256 metri il filo si blocca di nuovo …la tensione disponibile è di soli 60 volt e la corrente nel circuito è di 2 milliampère» 

Il filo si incepperà in modo definitivo per un blocco meccanico imprevisto, gli astronauti riusciranno però a recuperare il satellite per la prossima  missione, che purtroppo non riuscirà
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Malerba ricorda Bepi "meccanico dello spazio" ... a bordo di Atlantis, anno 1992 
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                                                                             ( cortesia di Franco Malerba )