Filosofia
e cosmogonia in Copernico - socio fondatore
Dott.ssa Maristella Mameli
« ... Niklas
Koppernigk nacque a Torùn (ted.
Thorn) sulla Vistola, dove il padre aveva raggiunto col proprio lavoro
di mercante una discreta posizione sociale.
Con la Prussia e la Warmja (ted. Ermland), Torùn
era divenuta parte del regno del re di Polonia (1466), ma momentaneamente
non era stata incorporata al territorio polacco. Nel 1491 Koppernigk,
che latinizzò il proprio nome in Copernicus,
si recò presso l’università di Cracovia. Qui erano in competizione
due correnti di pensiero:
quella dei naturales
(fisici cosmologici), e quella dei matematici
(astronomi interessati al calcolo delle posizioni dei corpi celesti, e
al controllo delle previsioni attraverso l’osservazione).
I naturales erano fedeli al pensiero aristotelico
e al sistema delle sfere omocentriche, i matematici
avevano invece come testo base l’Almagesto tolemaico
e il sistema calcolatorio degli eccentrici e degli epicicli. Nella diversità,
le due teorie presentavano però alcuni punti in comune, come la
centralità universale della Terra e l’idea che il moto celeste fosse
circolare uniforme.
Il sistema delle sfere omocentriche non riusciva
a giustificare il fatto, che i pianeti appaiano ora vicini ora lontani;
il sistema degli eccentrici e degli epicicli era costretto, al fine di
spiegare adeguatamente la realtà osservata, ad elaborare ipotesi
precise che supplissero alle mancanze del sistema stesso, il quale in tal
modo rischiava di essere invalidato.
Il suo maestro in astronomia fu Alberto Brudzewo
(Brudzewski), il quale lo istruì
con molta probabilità privatamente, poiché dal 1490 nelle
sue lezioni pubbliche questi si era dedicato esclusivamente alla lettura
di Aristotele.
Nel 1482 Alberto
aveva scritto un commento alle Theoricae novae planetarum di Peurbach,
stampato poi a Milano nel 1495, in cui dimostrava le sue conoscenze matematiche,
nonché le sue capacità rielaborative, giungendo alle conclusioni
che sorgono dalle costruzioni di Tolomeo.
Lo zio materno, Lukasz Watzelrode, vescovo di
Warmja dal 1489, lo convinse a soggiornare in Italia per completare i suoi
studi. A Bologna, ove compare tra gli studenti della Natio Germanorum,
studiò il greco e approfondì
Platone, frequentando, secondo Retico
“piuttosto come amico
che come allievo”, l’astronomo Domenico
Maria da Novara (1454-1504). Questi era
essenzialmente un osservatore e il suo esempio sollecitò forse Copernico
a fare altrettanto, ed infatti l’osservazione della stella Aldebaran della
costellazione del Toro lo convinse della necessità di un nuovo sistema,
che rendesse conto finalmente dei fenomeni.
Nel 1497 divenne canonico a Frauenberg, ma continuò
il suo soggiorno in Italia. Nel 1500, l’anno del giubileo, si trovava a
Roma, ove probabilmente tenne un corso di matematica, ed il 28 luglio del
1501 ottenne dal Capitolo il permesso di proseguire i suoi studi all’estero.
Si recò a Padova, la facoltà di
Montagnana, G. Zerbi, Benedetti e Fracastoro, per studiare medicina. Nella
roccaforte dell’aristotelismo ricevette l’amicizia di Fracastoro
considerato il fondatore dell’epidemiologia moderna (54)
e colui che riuscì ad armonizzare
Aristotele con Platone.
Laureatosi a Ferrara in diritto canonico nel 1503,
tornò nella Warmja, ove divenne segretario e medico personale del
vescovo, suo zio. Con mansioni diplomatiche si mosse, al seguito dello
stesso, in missioni importanti nei congressi degli Stati della Prussica
Reale. Morto lo zio, andò a Frauenberg per ricoprire il ruolo assegnatogli
tempo prima, e acquistò, destinandola ad osservatorio, la torre
nord-occidentale delle mura della fortezza.
Divenne inoltre amministratore dei beni del Capitolo
della Warmja, che aveva sede a Olsztyn. Fu promotore di importanti iniziative
nel ripristino delle colture in terre abbandonate, nell’assegnazione di
poderi ai contadini della Mazuria e nella riforma monetaria, limitandone
l’emissione e uniformandone il tipo su tutto il territorio della Prussia
e della Polonia. E’ sua la formulazione della “legge di Gresham”, in base
alla quale la moneta peggiore scaccia quella buona, cioè con maggior
contenuto di metallo prezioso. Fu un medico
famoso e assistette la popolazione nell’epidemia del 1519.
Quando il suo territorio fu minacciato, nelle
sue funzioni politiche si oppose alle invasioni da parte dei cavalieri
teutonici, appoggiandosi al sovrano Sigismondo I e organizzando egli stesso
la difesa della città. Abbiamo registrazioni di eclissi o di opposizioni
di pianeti al fine di determinare alcune orbite con maggiore accuratezza,
ma sembra che l’osservazione non fosse assidua, forse per la rudimentalità
degli strumenti disponibili che non concedeva nuove scoperte.
Come Copernico sia giunto alla propria teoria,
espressa nell’opera De rivolutionibus, non lo sappiamo con certezza,
sappiamo soltanto, che fu portato a cercare una nuova teoria, dalla grande
discordia dei matematici sul comportamento dei corpi celesti. Esaminati
i sistemi basati sul moto epiciclico, eccentrico ed omocentrico, concluse
che qualcosa di essenziale doveva essere stato tralasciato.
Il primo spunto lo trovò in Cicerone,
il quale riportava che Niceta (Iceta) aveva pensato che la Terra si muovesse,
e in Plutarco
(in realtà lo Pseudo-Plutarco), che riteneva attendibile questa
tesi, da altri considerata vera (55).
Tratto quindi lo spunto dai Placita philosophorum
(56), ove
si esponevano le teorie di Filolao, Eraclide ed Ecfanto, prese
a pensare alla mobilità della Terra.
A tal proposito, infatti, nel
libro Primo menziona giustamente la descrizione di Aezio,
il quale affermava, che Filolao immagina
il movimento della Terra, come quello
del Sole e della Luna, attorno al fuoco.
Ne riportava quindi il pensiero, per cui la Terra era uno dei pianeti e
ruotava con moto progressivo di più movimenti.
Conosceva bene Aristotele ed Aezio, che espongono
con particolare dovizia questo pensatore e forse anche Simplicio e Tommaso
D’Aquino.
E’ consapevole di proporre una rivoluzione
nel pensiero e di scuotere le opinioni
tradizionali, ed è per questo che spesso procede riportando gli
argomenti degli antichi contro la rotazione terrestre.
Aristotele affermava
che i quattro elementi potevano compiere solo un moto rettilineo ascendente
o discendente, mentre il moto circolare
spettava ai corpi celesti; Tolomeo sosteneva
invece l’impossibilità di una rotazione in ventiquattr’ore, che
avrebbe portato alla disgregazione dell’intero corpo terrestre (57).
Copernico accolse questa teoria e ne fece tesoro,
poiché con questa riusciva “a salvare i fenomeni”, come esprimevano
le parole e la volontà degli antichi.
Semplificò la legge aristotelica del moto
rettilineo degli elementi, espressa nel De caelo (58),
attribuendolo solo a ciò che si trovava al di fuori del proprio
luogo naturale, e abolì la differenza tra fisica celeste e fisica
terrestre, sostenendo che il moto terrestre era equivalente a quello degli
altri pianeti, preparando quindi il futuro lavoro di Newton.
De rivolutionibus orbium celestium (Rivoluzioni
dei corpi celesti) fu la prima opera degna di competere con l’Almagesto
di Tolomeo, e di sostituirvisi con nuove
teorie e nuove tavole dei moti planetari.
Fu conclusa nel 1532 e poco dopo lo stesso autore
ne redasse,
per alcuni amici, un estratto in versione
manoscritta (Commentariolus), di cui fu
fatta una relazione verbale al papa Clemente VII. Nel 1536, Niccolò
Schonberg, arcivescovo di Capua, lo incitò con veemenza a rendere
pubblici i suoi studi, ma questi sostenne che voleva custodire il segreto
come i seguaci di Pitagora. E certo non sbagliava, leggendo la successiva
prefazione di Osiander al suo libro.
Il segreto però non poté mantenerlo
a lungo, poiché due anni dopo bussò alla sua porta Georg
Joachim Lauschen (1516-1576), detto Rethicus, docente presso l’università
di Wittenberg, per conoscere le sue scoperte. L’entusiasmo di quanto appreso,
portò questi a compilare nel 1540 un sunto, dato alle stampe a Gdans
e successivamente a Basilea col titolo di Narratio Prima, e le teorie copernicane
cominciarono così a circolare.
La stampa dell’opera intera doveva essere curata
dallo stesso Rethicus, ma fu improvvisamente chiamato a nuovi impegni e
dovette lasciare il compito al luterano Osiander (Andreas Hosemann, 1498-1552)
che, contravvenendo alla volontà di Copernico, fece precedere il
suo scritto dalla, già citata, prefazione, in cui si sosteneva che
il compito dell’astronomo non era di rendere il vero e neppure il verosimile,
ma semplicemente fornire delle ipotesi che “offrano calcoli conformi all’osservazione”.
Resta da vedere, quanto il noto teologo luterano
si sia voluto mettere al riparo da eventuali opposizioni, o quanto invece
abbia voluto salvare all’interno di una opposta visione luterana. Screditare
e ridimensionare il lavoro copernicano salvava l’opinione di Lutero, Zwingli
e Melantone, forti contestatori di una concezione non biblica.
Il periodo, in cui visse Copernico,
fu fervidissimo di studi e novità: grandi mutamenti culturali si
accompagnarono a numerose invenzioni tecnologiche in una felice unione,
che avviò quella che fu chiamata
“rivoluzione scientifica”, e diede origine
alla scienza, modernamente intesa.
Questo periodo, che si fa partire dal De rivolutionibus,
giunge fino all’opera di Isaac Newton (59),
in 144 anni di intensi cambiamenti. Tale rivoluzione dapprincipio fu essenzialmente
astronomica. E’ quindi alla giustificazione del contesto astrale, che ancora
dobbiamo un altro salto qualitativo nella visione del mondo e nell’esistenza
umana.
Abbattuta la cosmologia aristotelico-tomista al
centro dell’universo si trova, non più la Terra, ma il Sole. L’immagine
dell’uomo, che nel Medioevo era immagine di Dio, suprema, posta al centro
intorno a cui tutto ruota, e per cui tutto esiste, ora è emarginata.
Una sorta di limitatezza, di consapevole fragilità,
porta a guardare l’universo come infinito, come Campanella l’aveva inteso,
e a porre dubbi sull’esistenza unica e privilegiata dell’uomo agli occhi
divini.
L’Umanesimo e il Rinascimento, nella riscoperta
delle humanae litterae e delle lingue classiche, avevano superato i confini
e i limiti posti alla conoscenza, con una curiosità, finalmente
senza colpa, che in modo testardamente filologico voleva squarciare il
velo della veritas.
La Terra è ora un pianeta come gli altri.
E questioni religiose e antropologiche sconvolgeranno la cultura occidentale,
che già si poneva domande, dopo le scoperte geografiche ed etnografiche
del tardo Quattrocento, sulla dignità dell’uomo, di tutti gli uomini.
Lo studioso cambia il proprio status, da mago,
alchimista, detentore di una conoscenza esoterica e quindi segreta, diviene
scienziato, osservatore e divulgatore.
Non più conoscenza elitaria, ma volgare, a tutti accessibile e controllabile.
Un momento di straordinaria democraticità del sapere, a cui tutti
potevano partecipare, anche al di fuori del contesto accademico, che solo
in seguito ha riacquisito il ruolo di concedere ufficialità al pensiero.
Il neoplatonismo è certamente la filosofia
che supporta metafisicamente la rivoluzione scientifica.
In esso si fondono platonismo, magia ed ermetismo (60).
Il contesto culturale italiano, all’epoca fortemente
platonico e neoplatonico, in cui studiò Copernico, influì
sulla sua visione del mondo. La matematica
era la chiave di lettura dell’universo,
tramite questa, l’uomo poteva finalmente coglierne le proprietà
vere ed immutabili nell’ordine e nella simmetria, che un Dio geometra aveva
realizzato. Nella segretezza di un’ottica iniziatica neopitagorica, forse
funzionale ad un contesto in cui il luteranesimo si sarebbe opposto, e
così farà, a una concezione non biblica del moto terrestre,
Copernico partorisce un nuovo universo.
Il Sole, corrispondente a Dio, secondo un tema
neoplatonico, ereditato dal contesto ermetico, è giustamente posto
al centro dell’universo, che intorno a
lui si muove. La teoria eliocentrica, seppur, come già detto, proposta
dagli antichi, è ora adeguata a dar ragione sia dell’osservazione
sia di presupposti filosofici e religiosi.
Un mondo geometrico per struttura, matematicamente
coglibile, è precipuamente semplice, armonico e quindi leggibile
dalla mente umana. All’uomo è data
la capacità di capire, e la matematica è lo strumento che
permette di cambiare questo. Nell’ottimismo
di una fiduciosa comprensione dell’esistenza, l’uomo si permette di cambiare
la propria posizione nell’universo e accetta la possibilità infinita.
Pone con devozione la divinità al centro
della realtà e si promuove osservatore,
convinto di aver colto il metodo ed il modo dell’edificio divino. Nel
nuovo ruolo non registra perdita alcuna della propria dignità, come
si potrebbe temere, anzi una progressiva ascesa della propria perfettibilità.
Certo, forte era il contrasto sia da parte della
Chiesa cattolica, che da parte di quella protestante, ma se ben guardiamo
Copernico era stato incoraggiato dal cardinale di Capua, consigliere di
Clemente VII e di Paolo III.
Inoltre le versioni sommarie del sistema copernicano
(Commentariolus e Narratio Prima) erano già ampiamente circolate
al tempo della stampa del De rivolutionibus.
Forse la morte dell’autore evitò strascichi
e condanne, ma sappiamo che il
suo pensiero, a cui lo studio successivo
si rifece, aprì un nuovo capitolo
nella storia dell’astronomia e della scienza
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54 |
Gerolamo Fracastoro (1478-1553) di
nobili origini, incarnò l’ideale di uomo rinascimentale. Fu medico,
astronomo e poeta, studiò malattie quali il “mal francese”, che
per primo chiamò sifilide, e della quale indicò una terapia
a base di mercurio e guaiaco. In Syphylis sive morbus Gallicus, 1530. Nel
De contagione (1546) descrisse invece tre modi di contagio infettivo. Nel
De sympathia et antipathia sostenne l’attrazione delle cose simili e la
ripugnanza delle cose dissimili, e in una visione empedoclea, che le relazioni
tra le cose erano stabilite da un flusso di atomi, perciò nessuna
azione poteva verificarsi senza contatto.
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55 |
“E trovai in Cicerone che Niceto aveva intuito
che la terra si muove. Poi trovai anche presso Plutarco che alcuni altri
avevano avuto la stessa opinione; e trascrivo qui le sue parole perché
siano note a tutti :” è opinione comune che la terra stia ferma;
ma Filolao Pitagorico dice che gira intorno al fuoco secondo un circolo
obliquo così come il sole e la luna. Eraclide Pontico ed Ecfanto
Pitagorico fanno muovere la terra, non però di moto traslato, ma
rotatorio, infilata in un asse a guida di ruota e girante intorno al proprio
centro da occidente ad oriente.”
N. Copernico, Opere, UTET, Torino 1979, p. 174.
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56 |
Placita philosophorum, III, 13.
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57 |
N. Copernico, De rivolutionibus, I, 8.
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58 |
Aristotele, De caelo, I, 2, 268b-269a.
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59 |
Ci si riferisce ai Philosophiae Naturalis Principia
Mathematica, che furono pubblicati nel 1687.
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60 |
A tal proposito si veda l’interessante lavoro
di F.A. Yates, The Art of memory, London 1966 e Giordano Bruno and the
Hermetic Tradition, London 1964 e Testi umanistici sull’ermetismo a cura
di E. Garin., M. Brini, C. Vasoli, P. Zimbelli, “Archivio di Filosofia”,
Roma 1955, e i numerosi studi di E. Garin.
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