z Ben presto il piccolo Einstein si rivela curioso e pronto nell'apprendimento. Sarà Albert stesso a ricordare un episodio avvenuto all'età di cinque anni, - quando riceve in dono dal padre una bussola, ed entusiasta rimane colpito dal movimento dell'ago, influenzato da un campo magnetico invisibile- come motivo che, probabilmente, lo spinge a studiare più tardi il campo gravitazionale. Nel 1888 comincia a frequentare il Luitpold Gymnasium, una scuola media superiore di Monaco, che oggi porta il suo nome, e a causa della quale sviluppa una profonda avversione verso atteggiamenti oppressivi e autoritari, che lo portarono a rinunciare alla cittadinanza tedesca chiedendo quella svizzera. La famiglia per il giovane rappresenta un rifugio sicuro, oltreché un impareggiabile punto di stimolo e di studio. Grazie allo zio Jacob comincia in età precoce lo studio dell'algebra. Impara la geometria e, a soli quindici anni, lo studio infinitesimale, mentre dalla madre viene stimolata la sua vena artistica con lo studio del violino, che diverrà una passione mantenuta per il resto della vita. La sua sensibilità e la sua vivacità intellettuale vengono ben sollecitate da una famiglia di ampie vedute, la cui elasticità mentale però non ritrova nell'ambiente scolastico, né nei metodi educativi allora applicati. Osteggia lo studio mnemonico e pedissequo, perché ritiene non permetta la piena comprensione delle materie e renda noioso l'apprendimento, uccidendo la curiosità dell'allievo e critica aspramente i metodi brutali che uccidono la personalità, minano la fiducia nel prossimo e formano un individuo sottomesso. (1) Silvio Bergia – I grandi della scienza
n° 6 – Einstein – in Le Scienze
La successiva frequenza del politecnico fa invece maturare in lui la consapevolezza di dedicarsi allo studio della fisica e non dell'ingegneria. Il fisico Heinrich Weber gli dirà: “Lei è intelligente, Einstein, estremamente intelligente, ma ha un gran difetto: non vuole lasciarsi insegnare una sola cosa! ” (2) La formazione che ha in seno alla famiglia influenza anche la sua visione religiosa e spirituale, permettendogli di sviluppare un sua personale visione, che viene determinata dagli studi conseguiti. Nessun credo settario, nessuna dottrina, né l'idea di un “Dio antropologico” (3), ma il riconoscimento nella natura di un ordine e di un disegno costituiscono la peculiarità del suo pensiero in questo ambito: “Il sentimento religioso provocato dalla comprensione delle profonde interrelazioni della realtà è un qualcosa di diverso da quello che di solito viene definito con il termine religioso. È più propriamente un sentimento di venerazione per il disegno che si manifesta nell'universo materiale. Non ci porta ad immaginare un essere divino a nostra immagine e somiglianza, che ci fa domande e che si interessa a noi come individui. Non esiste né volontà, né dovere ma solo essere assoluto. ” (4) (2) Silvio Bergia – I grandi della scienza n° 6 – Einstein
– in Le Scienze
z dove le quantità a denominatore sono misurabili fisicamente. La domanda era se il moto dell’etere, rispetto alla Terra, causasse o meno variazioni della velocità della luce misurabili (essendo la velocità della luce nell’etere ormai stabilita). Molti furono gli esperimenti di dubbia
interpretazione, data la piccolezza del fenomeno, il cui valore era stato
stimato proporzionale a . Infine fu
dimostrato che, in qualunque direzione
si misurasse, la velocità della luce era invariabile. In particolare, grazie all'esperimento di Michelson-Morley,
fu dimostrato che la velocità della luce è costante in tutte le direzioni, indipendentemente
dal moto della Terra, non risentendo così del cosiddetto vento di etere.
z Era dunque necessario trovare una formula di passaggio da un sistema fermo rispetto all’etere, ad uno invece in moto, che rendesse comunque ragione di questa invarianza della velocità della luce. La prima proposta venne da due studiosi, Fitzgerald e Lorentz, che assunsero, per un corpo in moto attraverso l’etere, una sorta di “contrazione" delle dimensioni, che faceva tornare i conti. La contrazione era data dal fattore (qui c’è in embrione la relatività ristretta RR). Inizialmente questo sembrava un espediente
puramente matematico per far tornare i conti, ma la comunità scientifica lo accolse con un certo
entusiasmo.
z Come si spiegano i fenomeni meccanici
nell’ambito di questo contesto? È ipotizzata la “azione a
distanza” tra punti materiali, con effetto immediato.
Dato un corpo sferico, la sua azione
diminuisce in modo inverso al quadrato della distanza. Ciò naturalmente
porterebbe ad una azione infinita tra due
punti a contatto, cioè a distanza nulla.
Su questa incongruenza non ci si sofferma però agli esordi della gravitazione
universale. Sembrava ormai che il metodo di Newton potesse
dare risposta a tutta la meccanica.
Un problema sorse, però, quando, nella seconda metà del XIX secolo, divennero note le leggi della elettrodinamica di Maxwell. Esse,
infatti, non potevano essere incorporate in
maniera soddisfacente nel sistema newtoniano.
z Maxwell determinò nel dettaglio queste leggi che trovano la loro espressione naturale nelle equazioni differenziali per i campi elettrico e magnetico. In particolare si riscontra che l’onda elettromagnetica si deve propagare con una velocità costante e finita, il cui valore è fornito dalla misura di grandezze caratteristiche dell’ambiente circostante. Il campo è una realtà misurabile che “abita” nello spazio circostante, capace di interagire con i corpi che in esso si trovano. Esso è dotato di una struttura definibile topologicamente e dipende dalla geometria delle sorgenti e da quella dei corpi “illuminati” da esso. Nel pensiero di Maxwell c’è posto per l’etere. Per studiare la struttura di un campo viene molto bene la astrazione di una “particella di prova” infinitesima, tale cioè da risentire della azione del campo, ma piccola quanto basta da non perturbarlo. Spesso il campo è rappresentato mediante “linee di forza”, cioè quelle linee lungo le quali si muoverebbe la particella di prova se lasciata libera. Vediamo come si può visualizzare in pratica un
campo magnetico: si dispone su un piano un magnete
permanente, si sparge minuta limatura di ferro, sensibile ad esso, e si danno piccoli colpetti al
piano per permettere un inizio di moto delle particelle. Esse disegneranno l’andamento delle linee di forza del
campo, come da fotografia
seguente.
La sensazione di “qualcosa che
permea lo spazio”, capace di
agire in concreto, è davvero immediata! La limatura di ferro
è sufficientemente minuta da perturbare in modo trascurabile il campo.
z L’elettrodinamica di Maxwell ha anche punti deboli, ammette infatti singolarità (ad esempio a contatto delle due cariche) che si traducono in valori infiniti della funzione. Forse il pensiero di Cartesio (uno spazio tutto pieno) non era così lontano dalla realtà. I suoi vortici si sono concretizzati nelle linee di campo di Faraday, su di esse inoltre si riesce a fare di conto. Quando accendiamo il condizionatore abbiamo per un breve periodo un assorbimento enorme, è la “corrente di spunto”, necessaria per riempire lo spazio dei motori di campo magnetico, senza quello non ci può essere l’energia meccanica richiesta (pompa di calore).
Einstein amplia e meglio definisce il “campo” – senza “energia” lo spazio non esiste
Einstein fa suo il concetto di campo e ne approfondisce le proprietà. Lo spazio ora propriamente esiste solo se ci sono masse che fanno campo, al di fuori di quest’ultimo non esiste nulla, la massa crea il campo, il campo agisce sulla massa stessa. In questo senso è assunto anche il il principio di Mach, una ipotesi formulata nel 1893, che afferma: L'inerzia di ogni sistema è il risultato dell'interazione del sistema stesso con il resto dell'universo. In altre parole, ogni particella presente nel cosmo ha influenza su ogni altra particella. Essendo la relatività assunta nel contino, l’approfondimento delle conseguenze ha portato alla esistenza di singolarità, i famosissimi “buchi neri”, in cui la funzione va all’infinito. Per superare questo scoglio (tutto il mondo della energia nucleare ce lo conferma) basta pensare la materia come discretizzata (Plank), anche la relatività generale non è quindi una teoria completa. La meccanica quantistica oggi è ancora troppo
farraginosa per applicarla con facilità a sistemi di grandi dimensioni (e.g. galassie).
Essa si presta bene per il molto piccolo o per strutture soggette a pressioni
enormi (e.g. stelle di neutroni), dove la meccanica classica o la relatività non hanno
risposte. Da tempo gli studiosi tentano
di fare una grande sintesi con una teoria unificata, ma ad oggi la meta appare ancora molto lontana.
z La teoria di Einstein scarta del tutto il concetto di etere, oggi non più utilizzato. I postulati della relatività ristretta si possono così enunciare: primo postulato (principio di relatività): tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali; secondo postulato (invarianza della luce): la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell'osservatore o dalla velocità della sorgente di luce. Le trasformazioni di Lorentz soddisfano il secondo postulato: se per un osservatore in un sistema di riferimento inerziale la velocità della luce è c, tale sarà per un qualunque altro osservatore in un sistema di riferimento inerziale in movimento rispetto al proprio. Le leggi dell'elettromagnetismo, nella forma dell'elettrodinamica classica, non cambiano sotto le trasformazioni di Lorentz, e quindi soddisfano il principio di relatività. Einstein, in particolare, trovò la legge che esprime l’energia di un corpo di massa m, che vale per ogni riferimento inerziale: che nella formulazione completa di Einstein
diventa
z La teoria della relatività ci fornisce, quindi, un’altra sorpresa: poiché la massa non è altro che una forma di energia, essa non si conserva separatamente, ma si aggiunge all’energia cinetica e all’energia potenziale nell’enunciare la conservazione dell’energia meccanica. L'enorme fattore di conversione che lega la massa e l'energia spiega come, concentrando un grosso quantitativo di energia, si possa creare una piccola quantità di materia e anche come, partendo da una piccolissima massa, si possa ottenere molta energia. La conversione di un chilogrammo di materia (equivalente a 25 miliardi di Kilowattora) coprirebbe, in pratica, il consumo mensile di energia elettrica in Italia (dato per anno 2004). Einstein non si è dunque fermato alla semplice
relazione di Lorentz, ma ne ha scavato tutte le possibili implicazioni,
giungendo ad una sintesi formidabile: il
creato non è null’altro che una manifestazione variata di un unico ente, cioè
l’energia (la luce, le reazioni chimiche, energia cinetica,
energia potenziale, energia atomica, massa).
z L'energia di legame, indicata con la sigla BE (dall'inglese Binding Energy), è data dal prodotto tra il difetto di massa ed il quadrato della velocità della luce nel vuoto. BE = difetto di massa · c2 Idrogeno H ha peso molecolare = 1,00794 u sembrerebbe dunque che la molecola di acqua H2O debba avere come peso: 2*1,00794+15,994=18,01528 u in realtà vale 18,015269 u ( difetto di massa ) in accordo con la legge di conservazione della
massa-energia di Albert Einstein. La massa mancante si è trasformata in “energia di
legame”, quella necessaria per dissociare H2O negli atomi
costituenti. Per l’acqua BE vale, come ordine di grandezza, 10-5 u,
pari a 1,539*10-18 Joule.
z L'energia complessivamente liberata dalla
fissione di 1 (uno) nucleo di 235U è di 211 MeV, una
quantità elevatissima data dalla formula:
dove la prima massa è la massa del nucleo di 235U e del neutrone incidente, la seconda massa è la somma
delle masse dei nuclei e dei neutroni prodotti e c è la velocità della
luce nel vuoto. Perciò in questo fenomeno parte della massa
iniziale scompare e si trasforma in energia sotto forme diverse.
Circa 11 MeV sono trasportati via dai neutrini emessi al momento della fissione, mentre l'energia effettivamente sfruttabile come energia termica (trasformazione della energia
cinetica delle parti prodotte) è di circa 200
MeV per ogni fissione.
z Il fondamento della relatività generale è l'assunto, noto come principio di equivalenza, che un'accelerazione sia indistinguibile localmente dagli effetti di un campo gravitazionale, e dunque che la massa inerziale sia uguale alla massa gravitazionale. Einstein, in realtà, darà al problema dello spazio una risposta ( relatività generale o RG ) che risolve le domande sollevate fin dall’antichità circa il limite dell’universo (cosa vi sarà al di là di tale limite?). Egli ipotizza uno spazio “senza confini”, ma limitato. Il suo è uno spazio-tempo quadri-dimensionale che non è rappresentabile in modo geometrico dalla nostra mente, ma lo è molto facilmente in modo matematico. Tuttavia vale la pena di pensare ad una
analogia bidimensionale, quella di una superficie di una sfera. Un ipotetico
abitante della superficie della sfera è una creatura pari ad un piccolo
contorno di superficie sferica. Se la sfera è abbastanza grande, essa
apparirà ai suoi abitanti come piatta. Inoltre è "senza confini",
nel senso che, comunque esso si muova, rimane sempre sulla superficie e non
incontra mai un limite. Al più, può ritornare dopo un giro intero al punto di
partenza.
z una sfera nello spazio tridimensionale
Inoltre Einstein, da sempre, aveva sognato un universo “statico”, cioè un universo che visto su larga scala rimane uguale a sé stesso. Un po’ come il geoide, che rappresenta la superficie della Terra. A scala planetaria esso è un’ottima approssimazione. Solo gli abitanti della Terra sono implicati, nella loro vita comune nelle asperità locali dovute alla orografia. Ma può esistere un simile universo? No, almeno nella equazione senza la costante cosmologica, che fa una gravità di segno opposto e potrebbe comunque tenere gonfio l’universo, che, altrimenti, ha solo due possibilità: o si espande o si contrae (può essere statico solo per un attimo al momento della inversione di tendenza). Un cielo statico, se non esiste un’impalcatura ideale che lo sorregge, ci cadrà fatalmente sulla testa. L'universo è un modello evolutivo e diventa immediatamente attuale porsi domande circa un “inizio” e una “fine”. (8) Quindi la relatività generale di Einstein implica il “Big Bang”. Le equazioni, in quanto operative in modo "continuo" e non "discretizzato", danno in quel punto una singolarità, cioè parametri fisici, come la densità, che assumono valori infiniti. Questo è, ragionevolmente, un limite della RG, che al momento appare solubile solo con una visione quantistica del cosmo. La sintesi tra quanti e RG è “il grande problema” della cosmologia moderna. La RG è rimasta "sopita" per moltissimi anni, soprattutto per il fatto che gli effetti, da essa previsti, erano di entità piccolissima e sembrava che mai avrebbero potuto essere misurati. Ma le moderne tecnologie e l’astrofisica ci forniscono oggi materiale in abbondanza per dare riscontri, favorevoli sinora, alla predizione di questa teoria. (8) Silvio Bergia – I grandi della scienza
n° 6 – Einstein – in Le Scienze
z Il caso della rete GPS: il campo gravitazionale della Terra diminuisce allontanandosi dal suo centro. Allora, per un satellite in orbita, due saranno i motivi di variazione del suo orologio. Uno:
per la RR, essendo in moto rispetto ad
un osservatore terrestre, il suo tempo varia Satelliti di questo tipo sono quelli utilizzati per il sistema GPS. Senza le entrambe correzioni relativistiche, la posizione a Terra sarebbe fornita con errore inaccettabile. Il caso della stella di neutroni: (raggio di pochi chilometri e massa simile al Sole). In assenza della RG il limite superiore di massa (oltre il tutto evolve in un buco nero) è pari a 5,7 masse solari. In presenza di RG il limite superiore è di 3,6 masse solari. Qui la RG diventa dunque fondamentale per essere rispondenti alle evidenze osservative. Il caso della Pulsar binaria: l’orbita descritta dai due astri ha una separazione
dell’ordine di un raggio solare. L’effetto di precessione del periastro è altissimo: più di 4 ( quattro ) gradi all’anno.
In particolare la RG prevede per questo caso una consistente perdita di
energia sotto forma di onde
gravitazionali. L’orbita delle due
stelle deve dunque spiraleggiare verso l’interno e il periodo di rivoluzione
deve accorciarsi. La predizione teorica di una variazione di 75 microsecondi all’anno
è stata confermata nel 1983, in pieno accordo con le previsioni della RG.
z Terminiamo con un po’ di autoironia di Albert su sé stesso: “Certe volte mi domando perché sia stato proprio io a elaborare la teoria della relatività. La ragione, a parer mio, è che normalmente un adulto non si ferma mai a riflettere sui problemi dello spazio e del tempo. Queste sono cose a cui si pensa da bambini. Io
invece cominciai a riflettere sullo spazio e sul tempo solo dopo essere
diventato adulto. Con la sola differenza che studiai il problema più a fondo
di quanto possa fare un bambino”. (9)
(9) Ronald W. Clark in Selezione dal
Reader's Digest, febbraio 1973
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