Filosofia e cosmogonia in Galilei   -   socio fondatore Dott. Maristella Mameli 

« ... Galileo Galilei nacque a Pisa il 15 febbraio 1564. Il padre Vincenzo era un musicista ed un commerciante. La madre era Giulia Ammannati. 
Sappiamo, da una registrazione del 1581, che studiò presso lo Studio pisano come artista. Probabilmente doveva divenire medico, ma ben presto si dedicò completamente alla matematica, con il maestro Ostilio Ricci, discepolo di Niccolò Tartaglia. 

I Teoremi sul centro di gravità dei solidi sono del 1585, e del 1586 la Bilancetta, scritto influenzato fortemente dal pensiero di Archimede. 

Studia comunque letteratura, infatti tiene addirittura due lezioni all’Accademia fiorentina Circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante (1588) - nella quale intende difendere la topografia dell’Inferno dantesco proposta da Antonio Manetti, sviluppando una serie di problemi geometrici, con perizia rigorosa e con totale padronanza del testo da interpretare -, e le Considerazioni sul Tasso (1590). 

Diviene lettore di matematica a Pisa nel 1589, e scrive il De motu l’anno seguente. Nel 1592 quindi, gli viene assegnata la cattedra di matematica a Padova, dove rimarrà per diciotto anni. 

Commentò in questi anni l’Almagesto di Tolomeo e gli Elementi di Euclide, e scrisse la Breve introduzione all’architettura militare, il Trattato di fortificazioni e le Meccaniche. Il Trattato della sfera o Cosmografia, in cui espone il sistema geometrico di Tolomeo, è invece del 1597. 

Ha uno scambio e uno stimolo continuo dalla frequentazione degli ambienti culturali di Padova e Venezia, divenendo amico di numerosi personaggi dell’epoca come il nobile veneziano studioso di ottica Giovanfrancesco Sagredo, o frà Paolo Sarpi e frà Fulgenzio Micanzio e il padovano Cesare Cremonini, nonché assiduo ospite della casa di Vincenzo Spinelli. A Venezia incontrerà invece la madre dei suoi figli (73), Marina Gamba. 

Sono del 1606 Le operazioni del compasso geometrico militare. Qualche anno dopo, nel 1609, gli giunge notizia dello strumento che diverrà per lui fondamentale, il cannocchiale, e ne tenta la costruzione, riuscendo addirittura a perfezionarlo. 

Utilizzando il cannocchiale, giungerà alle scoperte registrate nel Sidereus Nuncius (1610), che lo renderanno immediatamente famoso, tanto da ottenere dal Granduca Cosimo II de’ Medici, il ruolo di “matematico straordinario di Pisa” - senza nessun obbligo, né di residenza né di lezione -, nonché di “filosofo del Serenissimo Duca”. In quest’opera egli espone le scoperte, compiute con il cannocchiale. 

In primo luogo un numero elevato di nuove stelle, che cambierà l’immagine precedente del nostro universo, che in tal modo diveniva più grande. 

Poi, fatto che sconvolgerà gli aristotelici, annunciò la scoperta delle macchie solari e il carattere irregolare della superficie lunare, motivato da montagne, valli e anfratti, attribuendole quindi un carattere fisico simile a quello terrestre e infrangendo il mito dell’esistenza dell’etere e della perfezione dei corpi celesti. 

Si sgretolava così l’idea della purezza, dell’omogeneità e, infine, dell’incorruttibilità del sistema cosmico. 

Diede finalmente un volto chiaro alla Via Lattea (o Galassia), descrivendola come una congerie di stelle, molto lontane dalla Terra, smentendo il credo in una sfera costituita da stelle fisse. Inoltre scoprì l’esistenza delle fasi di Venere e i quattro satelliti di Giove (74). 

Il cannocchiale diede a Galileo la prova definitiva della validità della teoria copernicana. Si ricordi che l’atteggiamento di molti studiosi fu di chiusura nei confronti del nuovo strumento, e che l’aristotelico Cesare Cremonini, suo amico, si rifiuterà addirittura di guardare attraverso la lente del telescopio. 

Nel 1612 avviene il primo attacco ai copernicani per voce del domenicano Nicolò Lorini durante una predica, tenuta il giorno dei morti, nella chiesa di San Matteo a Firenze. I problemi, per Galileo, sorgono invece con la scrittura della quattro lettere copernicane (75), che avevano per tema i rapporti tra scienza e fede (1613-1615). 

Nel 1614 sempre un domenicano, Tommaso Caccini, critica nuovamente i copernicani durante una predica tenuta a Santa Maria Novella. Poco dopo Galileo viene accusato di eresia per il sostegno dato al copernicanesimo, e denunciato al Santo Uffizio da Nicolò Lorini, il quale presentò come prova la lettera indirizzata a don Benedetto Castelli. 

Processato nel 1616 (76), gli viene proibito l’insegnamento e la difesa delle tesi incriminate. 

I teologi si erano concentrati sull’analisi di due proposizioni, e cioè che il Sole è al centro del mondo, e di conseguenza immobile, e che la Terra non è al centro del mondo, ma si muove di moto proprio. Cinque giorni dopo la denuncia, si sentenziò che la prima proposizione era “stolta e formalmente eretica”, e che la seconda era meritevole della stessa censura. Fu quindi il cardinale Bellarmino ad ammonire Galileo e questi acquievit. 

Cominciarono però a circolare voci che egli avesse ritrattato le proprie tesi, e a tal fine il cardinale scrisse di propria mano una smentita, oltre che sostenerne la somma reputazione insieme al cardinale Alessandro Orsini e al cardinale Francesco Maria Del Monte. 

Nel 1620 furono posti all’indice tutti i libri che spiegavano gli argomenti copernicani. (77) 

Nel 1623 Galilei pubblica il Saggiatore, in cui difende una teoria sulle comete (78), che risulterà errata, ma che espone anche la sua concezione filosofica e metodologica. 

E’ infatti in questo testo che spiega come la scienza possa dare una descrizione della realtà, solo scindendo le qualità oggettive dei corpi da quelle soggettive. E solo gli aspetti quantificabili e misurabili sono oggettivi. Non è compito della scienza tentare di scoprire l’essenza della sostanza. 

L’universo è un grandissimo libro, di cui bisogna intendere la lingua; la filosofia è insita in esso. Si riscopre qui il libro della natura, scritto matematicamente e geometricamente. 

Galileo è preso da speranza, quando sale al soglio pontificio l’amico Maffeo Barberini, con il nome di Urbano VIII, e pubblica quindi il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (79), dove ripropone la teoria copernicana. Quest’opera gli costerà un processo e l’abiura nel 1633. 

Tramite questo scritto, Galilei osa riprendere la propria battaglia culturale contro il sistema e contro la rigidità della Chiesa di Roma, che nella persona del ravennate Francesco Ingoli, segretario della Congregazione di Propaganda Fide, aveva presentato una presunta confutazione del sistema copernicano. 

Galileo non si permette la sfrontatezza di non tutelarsi e infatti, nel proemio dell’opera, dichiara di considerare le tesi di Copernico come “pura ipotesi matematica”, con l’intento di mostrare agli eretici la serietà della cultura cattolica. (80) Questo espediente gli consente però, di affrontare nuovamente la questione. 

I protagonisti del dialogo sono Simplicio, Salviati e Sagredo (81). Nella prima giornata si dedica alla dimostrazione dell’insussistenza della diversità tra mondo celeste e mondo terrestre, sostenendo che tale differenza non esista. Inoltre le montagne visibili sulla Luna e le macchie, nonché il movimento della Terra, attesterebbero che esiste una sola fisica. 

D’altra parte Aristotele fonda la sua teoria della “perfezione” sulla perfezione del moto circolare, che però, fa presente Galileo, è proprio anche dei corpi sulla Terra. Nella seconda giornata, critica gli argomenti che venivano impiegati per inficiare la teoria copernicana, riportando esperimenti ad esempio. Servendosi di uno di questi, riguardante il far cadere dalla cima di una nave in movimento una pietra, egli riesce ad affermare il principio di relatività dei movimenti, confutando di colpo tutte le teorie, addotte precedentemente, contro le tesi copernicane e anticipando quindi la relatività einsteiniana. 

Quello che vuole dimostrare è, che non è possibile stabilire se un sistema sia in quiete o in moto, sulla base di osservazioni meccaniche, compiute all’interno del sistema stesso. In tal senso non è possibile valutare il moto terrestre, stando sulla Terra. 

Un altro fatto, che va detto e ricordato per la sua importanza, è che proponendo un moto relativo, sostiene implicitamente che tale moto non è attribuibile ad un corpo in se stesso, facendo crollare la dottrina aristotelica e medievale dell’impetus. Perciò la quiete e il movimento sono considerati così due stati persistenti, e per fermare un corpo, in assenza di resistenze esterne, è quindi necessaria una forza. Questa inoltre, sostiene Galilei, non produce il moto, ma l’accelerazione. 

Sarà un padovano quindi, che ben conosceva la tradizione aristotelica, e che giungeva dal tempio di quella dottrina, a fornire gli argomenti per confutare definitivamente tale pensiero. 

La sua amicizia personale con il papa non gli giovò affatto, e il testo appena pubblicato fu subito bloccato dalla Santa Inquisizione, che ben presto lo sottopose ad un nuovo processo. 

Il Tribunale sostenne che aveva ingannato il Padre Riccardi, il quale aveva concesso l’imprimatur alla pubblicazione, non avvertendolo della precedente diffida imposta dalla Chiesa, e sostenne che questi aveva insegnato una dottrina falsa, contraria alla Sacra Scrittura per di più, utilizzando il volgare, allo scopo quindi di trascinare dalla sua parte il volgo ignorante. 

Tale condanna ebbe ripercussioni notevoli sulla storia del pensiero occidentale, condizionando altri autori, tra i quali Cartesio, che bloccò la pubblicazione del suo trattato sul Mondo, che uscirà postumo nel 1664, cioè quattordici anni dopo la sua morte. 

La differenza sostanziale tra i due processi, avvenuti a quasi vent’anni di distanza, consiste nel fatto che la sentenza del primo processo aveva comportato per Galilei la rinuncia a sostenere pubblicamente la tesi copernicana, ma non aveva in alcun modo implicato, come già precisato, la rinuncia o la ritrattazione di alcun contenuto del suo pensiero e delle sue teorie. La Chiesa aveva comunque mantenuto un atteggiamento rispettoso della posizione e del lavoro scientifico di questo studioso e della scienza in genere. Il secondo processo invece ha un impatto decisamente dirompente, e inciderà fortemente sulla libertà di pensiero e di espressione. 

Galilei in questa seconda occasione non solo abiura nuovamente Copernico, ma rinuncia simbolicamente anche al risultato delle sue scoperte, poiché profondamente convinto del metodo impiegato, e quindi dei risultati conseguiti, e rinuncia anche al risultato dei suoi studi, perché imprenscindibilmente legati alla visione del mondo copernicana. 

Certo l’Inquisizione non mandò al rogo Galileo, e in tal senso si può pensare che fu in qualche modo clemente con lui, o quantomeno ebbe rispetto per la sua persona e la sua posizione, ma certamente gli rese la vita difficile e soprattutto costituì un esempio per tutto il mondo scientifico timorato di Dio. 
Condannato dapprima al carcere a vita, la pena gli fu commutata in confino, che lo portò a risiedere presso il suo amico Ascanio Piccolomini, arcivescovo di Siena, e poi nella sua casa di Arcetri, nella quale però doveva vivere da recluso, senza poter incontrare nessuno e senza potere scrivere, previa autorizzazione. 

Qui compone i Discorsi e dimostrazioni matematiche sopra a due nuove scienze, pubblicati a Leida nel 1638, mentre era assistito dalla figlia Virginia, divenuta suora col nome di Maria Celeste. (82) 

I Discorsi hanno per protagonisti gli stessi del Dialogo e si sviluppano equivalentemente in quattro giornate. Nelle prime due giornate si discute della resistenza dei materiali ad essere spezzati, e Galileo tenta di trovare i rapporti matematici tra tale resistenza e la “lunghezza e grossezza” dei corpi. A tal fine ritiene di dovere compiere un’indagine sulla continuità, sul vuoto e sull’atomo, cioè sulla struttura della materia. 
Si oppone alla concezione aristotelica dell’assenza di movimento nel vuoto, oltre che criticare le tesi del filosofo sulla caduta dei gravi ribadendo che, levando la resistenza del mezzo, tutti i corpi cadrebbero alla stessa velocità. 

Esamina le oscillazioni del pendolo e delle sue leggi, parla di acustica. Riconduce la resistenza dei corpi ad un sistema di leve, utilizzando la nuova scienza della statica per dimostrare come la geometria sia utile nello studio della fisica e della biologia. 

Nella terza e nella quarta giornata parla della dinamica, come scienza nuova, e sostiene il fatto importantissimo, che occorrono esperienze per avere conferma delle leggi riguardanti i moti. L’esperienza deve però essere costruita, l’esperimento deve essere meditato e accuratamente eseguito, per giungere ad un risultato attendibile. La teoria sottende all’esperimento, va di pari passo con esso. 

L’opera fu pubblicata fuori dall’Italia, in Olanda, dove fu trasportata clandestinamente e ci conferisce un grande contributo sia del pensiero galileiano dal punto di vista scientifico sia dal punto di vista del metodo. 

Gli anni della vecchiaia sono afflitti oltre che dalla morte della figlia, anche dalla cecità e da altre malattie. La morte, giunta l’8 gennaio 1642, ci viene descritta dal suo discepolo Vincenzo Viviani, che insieme ad Evangelista Torricelli, l’aveva assistito negli ultimi tempi della sua vita. 

Galilei ci ha lasciato un’immagine della scienza che noi abbiamo ereditato, la nostra scienza è in qualche modo la sua scienza. 

Il suo apporto fu importantissimo dal punto di vista epistemologico. Egli osò intervenire in un contesto estremamente statico e cristallizzato, e proporre con fede nella giustezza della propria convinzione il nuovo, il cambiamento. 

La realtà matematicamente intesa, e in tal modo leggibile e interpretabile, può essere colta proprio dalla scienza che ha un valore oggettivo: essa valuta le qualità quantificabili e quindi misurabili dei corpi, servendosi appunto della matematica. In tal senso noi possiamo sostenere, che Galileo distrusse un mondo aristotelicamente dogmatico, per abbracciarne uno platonico. Perciò il Dialogo viene letto da taluni come un testo di critica principalmente filosofico e non astronomico o fisico (83). 

La scoperta del cannocchiale fu utile invece, perché diede la possibilità di verifica, ed ampliò le capacità sensoriali, tanto da poter finalmente registrare fatti, fino ad allora solo supposti, oltre che farne scoprire di nuovi. 

La grandezza di Galilei è certamente quella di non aver temuto di sconvolgere il precostituito, la conoscenza fissata dal tempo. La prima crepa in questo edificio la crea proprio tramite l’impiego di questo strumento, poiché dimostra la piena fiducia nei sensi umani, che non era diffusamente condivisa e perché, da un punto di vista dell’ortodossia filosofica, osa conferire alla scienza meccanica, subordinata alle altre in base alla gerarchia aristotelica, un ruolo fondamentale nella ricerca. E continua ad allargare la breccia già formatasi, con le nuove scoperte in campo dinamico, in campo fisico e metodologico. 

Per Galilei la matematica deve essere considerata la chiave di lettura dell’universo, poiché il mondo è costruito in tal senso. L’aritmetica e la geometria quindi sono per noi dottrine fondamentali. 

Senza voler creare inutili forzature, viene da pensare, che il viaggio dal Veneto alla Toscana sembra essere stato quindi anche un allontanamento dall’ambito aristotelico, ed un avvicinamento, per certi versi più congeniale, a quello platonico, e non solo il raggiungimento di un nuovo ruolo ed una diversa posizione sociale. 

Egli emancipò la scienza e il sapere dalla fede, da qualunque fede. Distinguendole, diede ad entrambe un campo d’azione preciso ed una diversa finalità: alla fede la salvezza, alla scienza la conoscenza. 

In tal senso il dogma non è proprio della scienza, ma solo della fede, perciò si può confutare Aristotele e superare, audacemente per l’epoca, le Scritture. 

Il suo fu uno scontro titanico, non tra pensatori, non tra filosofi, ma tra un uomo e la rappresentanza terrena della divinità » 
z 



 
73 Virginia, Livia e Vincenzo. 
z
74 Come gli viene riconosciuto nella premessa ai lettori dello stampatore nei Discorsi intorno a due nuove scienze: “... al nostro signore Galileo Galilei, Accademico Linceo, senza alcun contrasto, anzi con l’applauso e l’approbazione universale di tutti i periti, meritamente sono dovuti li primi gradi, sì per aver mostrato la non concludenza di molte ragioni intorno a varie conclusioni, con salde dimostrazioni confermate (come ne sono piene le opere sue già publicate), sì anco per aver col telescopio ... scoperto e data, primo di tutti, la notizia delle quattro stelle satelliti di Giove, della vera e certa dimostrazione della Via Lattea, delle macchie solari, delle rugosità e parti nebulose della Luna, di Saturno tricorporeo, Venere falcata, della qualità e disposizion delle comete; tutte cose non conosciute mai dagli astronomi né dai filosofi antichi, di maniera che puote dirsi, essere per esso con nuova luce comparsa al mondo e ristorata l’astronomia.” Cfr. Opere di Galileo Galilei, UTET, Torino 1964, p. 565. 
z
75 Erano indirizzate: una al benedettino Benedetto Castelli, due a Monsignor Piero Dini, e una a Madama Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana. 
z
76 Il Tribunale dell’Inquisizione stabilì inoltre (24 febbraio 1616), che era eretica la dottrina del moto della terra e (5 marzo) sospese il libro di Copernico e il commento a Giobbe di Didaco da Stunica donec corrigantur e condannò e proibì il libro edito poco prima dal padre carmelitano Foscarini (Lettera del R. Padre Maestro Paolo Antonio Foscarini, Carmelitano, sopra l’opinione de’ Pittagorici, e del Copernico, della mobilità della Terra, e stabilità del Sole e il nuovo Pittagorico sistema del Mondo, in Napoli, per Lazzaro Scorriglio, 1615) in cui si cercava di dimostrare che il moto della terra era in accordo con la scrittura. Nel 1620 avvenne la pubblicazione di un monitum Sacrae Congregationis ad Nicolai Lectorem, in cui si davano istruzioni sulle modifiche da introdurre nel libro De rivolutionibus prima che venisse ristampato. 
z
77 Solo nel 1758 la clausola che vietava “tutti gli altri libri” fu omessa dall’index, ma il libro di Copernico, l’Epitome di Keplero, il Dialogo di Galilei e alcuni altri libri non furono resi liberi fino al 1822, cosicché l’edizione del 1835 è la prima in cui essi non siano menzionati. 
z
78 Galilei sostiene che le comete possono essere considerate il risultato di una rifrazione ottica. 
z
79 Il titolo completo è Dialogo di Galileo Galilei Linceo, dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano. 
z
80 Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo in Opere di Galileo Galilei, op. cit., p. 16. 
z
81 Simplicio è il filosofo aristotelico, difensore della tradizione; Salviati è lo scienziato ; Sagredo è il pubblico aperto al nuovo e curioso, pronto a conoscere le ragioni delle due parti. 
z
82 Le sue amorevoli cure furono stroncate da una morte precoce, avvenuta nel 1634 all’età di trentatre. 
z
83 A tal proposito cfr. A. Koyré, Studi galileiani, Einaudi, Torino 1976. 
z