Filosofia e cosmogonia in Tolomeo   -   socio fondatore Dott.ssa Maristella Mameli 

« ... Claudio Tolomeo di Alessandria visse nel II secolo d.C., probabilmente tra il 100 e il 170 circa. Quel che sappiamo sulla sua vita lo desumiamo dai riferimenti cronologici che ci fornisce. La prima notizia del suo lavoro risale al 127 d.C. l’undicesimo anno dello spagnolo Adriano (49), uno degli imperatori più colti che salirono sul trono di Roma. La datazione del suo catalogo stellare è del 137 d.C., il primo anno del regno di Antonino, e l’ultima datazione a noi pervenuta risale al 150. Visse quindi in un periodo culturale particolarmente felice. 

La sua città natale, Alessandria, era stata un centro di vita e di potere, oltre che cuore della cultura ellenistica (50). Qui il sapere si specializzò e cercò di definirsi in modo autonomo, affrancandosi dalla religione e conseguentemente da qualsiasi forma di dogmatismo. Rimane però un profondo divario dalla scienza moderna nell’atteggiamento, che sviluppò essenzialmente l’aspetto teoretico, senza tentare l’applicazione pratica di quanto studiato. 

Tolomeo è l’erede della grandezza di questa città e di ciò che fu. Scrisse molto, e molto ci è pervenuto. Il suo scritto più conosciuto ed importante rimane il Sistema matematico, Mathematiké Syntaxis, che costituisce una summa dell’astronomia antica, ed è conosciuto col nome di Almagesto, datogli dagli Arabi in ossequio alla grande considerazione che gli attribuivano. (51) 

Altre opere sono: L’ipotesi sui pianeti, la Geografia, l’Ottica, gli Armonici, Sul giudizio e sull’egemonico, e il Tetralibro (libro quadripartito), libro di grande fortuna in epoca successiva, che completa l’Almagesto con nozioni di tipo astrologico. Il Medioevo e il Rinascimento lo utilizzarono in quanto codificava, in modo sistematico e chiaro, le credenze sugli influssi astrali e sulle opportunità di predizione. 

Proclo commentò L’ipotesi dei pianeti, opera che riporta valori numerici riferibili ai contenuti della Syntaxis. Alcuni dati li ritroviamo inoltre in una dedica a Tolomeo Sotere, il Dio Salvatore, risalente al decimo anno di Antonino. 

Tolomeo fu l’ultimo grande cultore dell’astronomia greca. Profondo conoscitore delle teorie antiche, compose l’Almagesto tenendo presenti i criteri aristotelici. Partendo dalla suddivisione delle scienze in poietiche, pratiche e teoretiche, ne analizza l’importanza e il valore prioritario che si deve dedicare loro. 

Secondo Tolomeo, le scienze teoretiche, a propria volta suddivisibili in teologia, fisica e matematica sono superiori alle altre, pur avendo anch’esse dei difetti. La prima ha un oggetto assolutamente separato dalle cose sensibili, e la seconda si occupa invece di enti sempre in mutamento. Dice infatti che agli altri due generi della parte teoretica [cioè teologia e fisica] si potrebbe attribuire il carattere di congettura, più che quello di certezza scientifica – al teologico per la sua invisibilità e inconcepibilità, al fisico per l’instabilità e la misteriosità della materia – cosicché non è sperabile che i filosofi giungano a un accordo su questi due generi. Solo il genere matematico, qualora sia affrontato in modo rigoroso, offre una scienza solida e sicura a chi lo studia, in quanto la dimostrazione sia aritmetica che geometrica è costruita con procedimenti incontestabili. Lo studio di Tolomeo è quindi improntato “su quella parte che ha come obiettivo le cose divine e celesti”, a suo avviso immutabili e perennemente stabili da un punto di vista ontologico, e che forniscono quindi un ausilio fondamentale alle altre scienze. 

L’interesse di Tolomeo e le sue motivazioni vanno però ben oltre. L’astronomia deve divenire oggetto di studio, poiché rappresenta la risposta etica alle esigenze dell’uomo. Il cosmo fornisce infatti l’esempio di semplicità, ordine e perfezione a cui ogni essere umano deve aspirare e per ciò che concerne la nobiltà delle azioni e del carattere la scienza, che lo studia, più di qualsiasi altra ci istruirà, per la similitudine, l’ordine, la simmetria e la mancanza di vanità che si contemplano nelle cose divine, e renderà colui che la pratica amante di questa divina bellezza, così che con l’abitudine, una disposizione d’animo vicino per affinità a questa bellezza, diverrà quasi naturale. 

Gli assunti fondamentali della sua opera sono ricapitolati all’inizio del primo libro: 
 
1) Il cielo è una sfera che ruota intorno ad un asse fisso, in base a quanto si desume dall’osservazione del moto circolare delle stelle circumpolari e dal sorgere e tramontare, sempre nel medesimo punto, delle altre stelle. E’ fatto di etere ed è incorruttibile. 
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2) La Terra è sferiforme. Infatti il Sole, la Luna e le stelle non sorgono e non tramontano contemporaneamente per coloro che vivono in luoghi diversi della Terra, ma prima per quelli che vivono ad oriente e poi per quelli che vivono ad occidente. Inoltre i navigatori che procedono verso i monti, qualunque sia la loro direzione di provenienza, vedono questi crescere in alternanza come se emergessero dal mare. 
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3) La Terra è al centro del firmamento. Si trova nel mezzo del mondo, altrimenti una parte del cielo ci apparirebbe più vicina dell’altra e le stelle a noi più prossime sarebbero più grandi; se la Terra si trovasse sull’asse celeste, più vicina a un polo che ad un altro, l’orizzonte non taglierebbe l’equatore in due parti uguali, ma uno dei cerchi ad esso paralleli; se la Terra fosse invece posizionata fuori dell’asse avremmo un’eclittica divisa in parti diseguali dall’orizzonte. Inoltre se la Terra non stesse al centro, l’intero ordine osservato del crescere e decrescere di notte e giorno sarebbe sconvolto. Le eclissi di Luna non potrebbero verificarsi nella posizione diametralmente opposta al Sole rispetto a tutte le parti del cielo, dato che spesso l’interposizione della Terra si avrebbe con questi due astri in posizioni diametralmente opposte, ma separate da intervalli inferiori a un semicerchio. 
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4) La Terra è come un punto, rispetto alla sfera delle stelle fisse, in quanto queste appaiono sempre di eguali dimensioni e alla medesima distanza in qualunque luogo della Terra si osservino. 
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5) La Terra è immobile, cioè non ha alcun moto di traslazione, poiché tutti i corpi celesti pesanti precipitano al centro del cielo, che è anche il centro della Terra, inoltre deve esserci un punto fermo a cui possono essere riferiti i moti delle altre cose. Inoltre se la Terra si muovesse, il suo moto sarebbe proporzionato alla massa, e quindi gli oggetti e gli animali sarebbero sospesi o proiettati in aria. Questa affermazione rinnega anche la tesi di coloro che pensano ad un moto terrestre intorno al suo asse, che faciliterebbe notevolmente qualsiasi spiegazione di evidenza osservativa. 
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Le tesi esposte costituiscono i cardini del sistema geocentrico, che manterranno sostanzialmente la propria importanza fino all’era copernicana. 
Il Sole, la Luna e i cinque pianeti si muovono con moto circolare uniforme, in base alla teoria di Ipparco, che Tolomeo adotta pur commettendo un grave errore. Egli infatti non ricalcolò la posizione del Sole, che in trecento anni dai valori registrati da Ipparco (52), poteva presentare un errore di 100'. 

Non ebbe però lo stesso atteggiamento per quanto riguarda la teoria sulla Luna, alla quale apportò invece importanti miglioramenti, e in egual modo sui pianeti, i cui moti irregolari lo portarono a definirli cinque stelle vaganti. 

Ritenne che il moto delle stelle fisse fosse causato dal moto rotatorio uniforme della sfera eterea concentrica delle stelle fisse, mentre rimase un assunto fondamentale, spiegare i movimenti astrali tramite moti uniformi circolari, dato che questi erano appropriati alla natura delle cose divine. Tali moti erano quelli delle orbite eccentriche, ossia aventi un centro non coincidente con quello della Terra, e quelli delle orbite epicicliche, ossia delle orbite che ruotano intorno ad un centro situato su un cerchio a sua volta ruotante. 

Con molta probabilità però, l’uso dei cerchi era considerato solo un mezzo adeguato al calcolo delle posizioni dei pianeti, in altre parole un utile espediente tecnico per giustificare matematicamente i fenomeni. 

Il sistema tolemaico ci diede inoltre tavole, in cui i movimenti celesti furono rappresentati con tale precisione che, per gli studiosi, costituiscono un monumento alle grandi menti matematiche. 

Rimaneva da risolvere il problema dei motori, strascico della tradizione, e a tal fine sostenne che i pianeti erano mossi da una forza vitale, di cui erano dotati per natura, attribuendo quindi a una causa interna l’andamento dei singoli astri, e avvicinandosi concettualmente all’idea di forza gravitazionale. 

Il geocentrismo pone l’uomo al centro dell’universo, mantenendolo in una posizione di supremazia valoriale ed effettiva. In tal senso Tolomeo rispettò i canoni dell’astronomia antica che, nonostante i tentativi di Aristarco di Samo, volle mantenere la Terra sempre in posizione centrale, non contravvenendo ai dogmi della filosofia e della religione. 

La capacità di questo pensatore consistette nell’equilibrio, che fu in grado di realizzare, tra l’antichità e il suo tempo. Pur basandosi sulla ragione matematica, nella costruzione di un universo geometricamente perfetto, egli infatti ravvivò nell’ultima grecità il ricordo del suo antico credo della influenza astrale sulla vita degli uomini e della fede nel Fato che tutto domina e sovrasta, concludendo con il suo genio un’era durata quasi un millennio. 

Altri autori, come, ad esempio, Apollonio di Perge (53) e Ipparco (54), riprenderanno o porteranno avanti, anche con originali contributi, le teorie epicicliche, e di cui solo accenniamo, poiché inseribili in un contesto strettamente tecnico-astronomico. 

Per apprezzare il pensiero di un altro grande astronomo dovremmo attendere Copernico e il suo apporto rivoluzionario ... » 



 
49 L’imperatore Adriano amava la pace, e oltre a favorire la costruzione di importanti costruzioni, quali il Mausoleo d’Adriano, oggi Castel S. Angelo, e l’immensa villa di Tivoli, si dedicò con impegno a favore delle province, che visitò personalmente, senza mire espansionistiche, ma con l’intento di proteggerne i confini, le condizioni economiche e l’equilibrio interno. Si ricordino infatti il Limes Hadriani, che procedeva dal Reno al Danubio e il vallum Hadriani in Britannia, esteso per 80 miglia tra il Golfo di Solway e la foce del Tyne. 
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50 Storicamente fu conquistata nel 30 a. C. da Ottaviano, divenendo parte dell’impero romano. 
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51 Almagesto deriverebbe dall’articolo determinativo arabo al e dall’aggettivo greco meghistos, e significherebbe il più grande. 
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52 Il testo di Ipparco risale al 147 a. C. La precessione e lo spostamento della linea degli absidi, che egli non conosceva, da allora avevano aumentato l’errore di 35’ fatto da Ipparco a circa 5° e ½. Il moto medio era quindi troppo piccolo e portava ad un errore di 76’ e ½, a cui possiamo aggiungere un errore nell’equazione del centro di 22’, dovuto al valore dell’eccentricità adottato. 
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53 Apollonio di Perge visse a metà del III secolo ad Alessandria e fu reso noto dalla teoria sulle sezioni coniche. 
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54 Ipparco fu aiutato nei suoi studi dallo sviluppo della matematica pura e dai frutti delle osservazioni della scuola alessandrina, fondata grazie alla munificenza dei Tolomei. 
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