La Chimica delle Stelle





Sala Livellara






Chiavari (GE)

prima parte










in una sintesi scritta e fotografica impaginata da
Giampiero Barbieri - Pighin














Sandro Arpe - relatore















19 febbraio 2016

 

 

 

la "nurcery" delle stelle ...

 

 

 

C’è anche stato un letterato importante che si è dilettato di chimica per tutta la vita, senza per questo non essere un umanista, anzi ha fatto il ministro della sua regione, quando è stato in quella posizione ha creato una cattedra di chimica, proprio perché era appassionato.

Ha fatto riaprire una miniera per dare lavoro alle persone e ha scritto un romanzo dove proprio utilizza le affinità elettive (che sono un concetto prevalentemente chimico), ma si possono usare anche per i rapporti tra le persone.

 

 

Tutto sommato la chimica non è diversa dalla cucina (la chimica delle basse temperature). In effetti si parte da ingredienti di qualche tipo dosati in maniera corretta, istruzioni e operazioni, temperatura importantissima nella cucina – come nella chimica -, la pressione, il tempo.

 

 

Siamo arrivati alle stelle. Quelli che vedete sono i 4 parametri o caratteristiche che si tenta in genere di tirare fuori dalle stelle: distanza, massa, luminosità, composizione chimica – l’ho segnato in giallo perché è ciò che tenteremo di vedere in questa serata.

Se ci pensate, se dobbiamo analizzare una pietra, un liquido, un gas, ci mettiamo le mani sopra, lo guardiamo, lo rigiriamo, usiamo strumenti … ma le stelle sono lontane – e dire lontane è poco, molto molto lontane – eppoi sono calde, uno se dovesse metterci le mani sopra, non riuscirebbe bene, ma è proprio il caldo che ci aiuta.

 

 

Questo è un tributo a persone che hanno fatto molto per la conoscenza della chimica, la fisica. Lì ci sono premi Nobel … c’è una signora che ne ha presi due – Marie Curie – prima premio Nobel per la Fisica col marito, eppoi premio Nobel per la chimica in proprio. La figlia anche poi ha preso un premio Nobel. Insomma, una bella concentrazione di menti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo partiti dalla Grecia, 5° secolo a.C.. Filosofo, chimico, matematico, a quel tempo uno studioso era tutte queste cose assieme, e Democrito sicuramente faceva parte di quella schiera lì.

Era un po’ una dimensione metafisica per quanto riguarda l’atomo – ho messo Peter Pan per illustrare questa dimensione - atomo vuol proprio dire “indivisibile”. A quei tempi non avevano strumenti di nessun tipo per arrivare a quelle dimensioni.

 

 

Qui siamo arrivati molto più avanti, siamo nel 1800. Un inglese, lui è veramente uno scienziato che misurava le cose, all'epoca avevano già degli strumenti.

Come vedete è la persona da cui deriva il difetto del daltonismo, non era in grado di vedere il rosso, la malattia ha preso il nome da lui.

 

 

Qui siamo proprio a un palmo dal 1900: scoperta dell’elettrone, che è il più piccolo dei componenti dell’atomo, ma ha una carica elettrica negativa. E questo sconvolge il concetto che si aveva dell’indivisibile.

Si sapeva che la materia non ha carica, è neutra, quindi vuol dire che assieme deve esserci qualcosa di positivo. Allora è venuto fuori questo profilo di atomo fatto a panettone: una parte più grande con carica positiva, e questi piccolini con carica negativa, che vanno a bilanciare la parte positiva.

 

 

Qui siamo già al 1900. Rutheford ha fatto un esperimento: aveva una lamina d’oro – molto sottile 4 milionesimi di centimetro -, gli ha sparato contro particelle alfa e voleva vedere cosa succedeva. Per capirlo ha circondato la lamina con uno schermo fluorescente e ha visto che quasi tutte le particelle passavano – vedete le tracce di quelle che hanno attraversato la lamina -, meno qualcheduna, molto poche (una su 20.000 circa). Com’è possibile? Una lamina così sottile!

 

 

Ecco come si è arrivati vicini a quell’atomo, che si comportava in quel modo. Un nucleo piccolo e molto denso circondato da tanto vuoto (lo vedete nella figura). Quelle che tornano indietro è perché sbattono nel nucleo.

 

 

Ci aggiungiamo ancora la considerazione di un altro fisico, è un premio Nobel, era nella foto vista prima. Ha aggiunto il concetto del movimento, che finora non era stato espresso da Rutherford. La carica negativa si deve muovere, altrimenti cade sul nucleo, ma se gli gira intorno dovrebbe perdere energia. E questo era un punto non spiegato. E poi c’era il problema degli spettri.

 

 

 

 

 

 

 

 

Lì ci sono delle impronte, sono quelle che hanno reso possibile capire chi abbiamo di fronte ...

 

 

 

 

 

 

L'atomo di idrogeno è il più semplice, è il primo. Qui il nucleo è un protone. Il terzo componente - il neutrone - ci può essere o anche non essere. Poiché non ha carica elettrica è stato scoperto - vedete? - molto più avanti. Ha una particolarità questo soggetto: se è in compagnia dura, se è da solo dopo un quarto d'ra decade, si scompone.

 

 

È tutto vuoto. Proprio vuoto no, la forza elettromagnetica che li lega evita che sia tutto vuoto. Anche se non c'è materia, c'è una forza.

 

 

L'atomo è 1 metro diviso 50 miliardi. Il protone è 5.000 volte più piccolo dell'atomo. L'elettrone è 10.000 volte più piccolo del protone.

 

 

Il deuterio ha il nucleo formato da 1 protone e 1 neutrone. Il trizio 1 protone e due neutroni ed è instabile.

 

 

 

 

Puntiamo l'occhio sul nucleo degli elementi, che sono 92. L'idrogeno è il numero atomico 1, l'uranio il 92. Perché nell'uranio ci sono così tanti neutroni? Servono a fare sì che i protoni, che sono così tanti e vicini, non si disturbino (cariche uguali si respingono). 92 protoni, se ci fossero solo loro, esploderebbero in tutte le direzioni. 143 neutroni diluiscono questa forza di repulsione.

 

 

 

 

Andiamo nella parte che si muove attorno al nucleo. Quello ocra è il nucleo, i granetti in giro sono gli elettroni, e vedete anche delle orbite. Dal carbonio all'ossigeno 2 orbite, l'argento ne ha 4, il radio ne ha 7.

 

 

 

 

 

 

Lo spettro elettromagnetico è l'insieme di tutte le onde, che partono dalle onde radio (anche di 10 metri), le microonde (ordine del centimetro), infrarosso, visibile, ultravioletto, raggi X, raggi gamma, raggi cosmici. Esaminiamo la parte più comune - il visibile - e la allarghiamo. 700 nanometri il rosso, 400 nanometri il violetto. Più si va a destra e più le onde sono energetiche, nel visibile si ha quasi un raddoppio (da 700 a 400).

 

 

 

 

 

 

La luce bianca attraversa il prisma e si allarga nello spettro della luce. Se abbiamo idrogeno riscaldato, facciamo passare la sua luce in una fenditura e poi nel prisma, vediamo quello che "Montalbano" già prima aveva scoperto. Le caratteristiche dell'idrogeno sono date da queste righe. Ora andiamo a spiegarle.

 

 

Questo premio Nobel ha aggiunto questo concetto alla energia che si degrada: no, non viene giù così in maniera continua, ci sono dei gradini, e non può essere altro che così. I gradini rappresentano il passaggio di un elettrone da un'orbita a un'altra. La perde se scende, quindi emette energia. Viceversa può salire se riceve energia.

 

 

In questa figura il violetto è a sinistra (onda di maggiore energia), il rosso è a destra (onda di minore energia). Per saltare dall'orbita più interna alla settima orbita ci vuole molta energia. Per saltare dall'orbita più interna alla seconda orbita ci vuole molto meno energia.

 

 

Nello spettro inferiore un elettrone scende da una data orbita a quella più interna e emette energia. Nello spetrro superiore c'è una luce che attraversa un spessore di idrogeno. L'elettrone dell'idrogeno assorbe l'energia e passa dall'orbita più bassa ad una più alta. Questa energia è dunque immagazzinata dentro l'atomo di idrogeno, e non può pervenire a me osservatore. Ecco perché si ha una riga nera, cioè una mancanza.