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Per affrontare il discorso sulle origini dell’astronomia, dobbiamo valicare il limite disciplinare e volgere ad uno studio propriamente filosofico. 

La filosofia nasce infatti come il tentativo di dare risposte di tipo cosmogonico, cioè sull’origine dell’universo, e conseguentemente sulla sua struttura. 

Siamo quindi necessitati a compiere un’analisi, che parte dalle teorie dei filosofi ionici della Grecia antica. 

Questo studio non si pone l’obiettivo di esaustività sulla materia trattata, ma vuole fornire un affresco d’insieme, toccando gli autori che si sono soffermati in maniera più specifica sulla materia o che hanno fornito un contributo incontestabile, anche alle epoche successive. 

Fatta questa doverosa precisazione, al fine di comprendere la motivazione, che conferisce maggior peso a certi argomenti ed autori, procediamo partendo, come già accennato, dalla Grecia del VI sec. a.C. 

Dobbiamo ricordare che fu la civiltà babilonese a coltivare fin dai suoi albori l’astrologia e, solo in un secondo momento, sentì la necessità di studiare i moti dei pianeti e dei corpi celesti, al fine di dare concretezza alle predizioni astrologiche tramite l’osservazione e la speculazione. Il momento più alto fu intorno al VII-VI sec. a.C., dopo il regno di Nabuccodonosor. 

Fu così che queste popolazioni acquisirono una vasta e precisa conoscenza sui periodi del Sole, della Luna e dei pianeti, e riuscirono a predire i ritorni periodici delle eclissi lunari, pur non formulando alcuna teoria di tipo geometrico dei corpi celesti. 
 
 
 
 
 
 

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Gli Egiziani ebbero invece conoscenza del moto del Sole e della Luna, acquisito dai Caldei, i quali erano in grado di predire un’eclisse anche in epoca antichissima (1), 

Probabilmente non è casuale il fatto, che i primi filosofi si collochino geograficamente proprio nelle aree limitrofe a quelle civiltà sopraccitate, la cui cultura influenzò certamente costoro che, con un apporto originale, crearono le basi di quella che sarebbe stata poi riconosciuta scienza. 

La scuola ionica 
La prima scuola, di cui ci è data notizia, è quella ionica, che prende il nome dalla regione geografica in cui essa si sviluppò. Gli studiosi, che ne fecero parte, sostennero che i principi, costituenti e formanti la realtà, erano di tipo materiale, basandosi sull’evidenza osservativa di una sostanza da cui originano e a cui ritornano, che chiamarono elemento (2). 

Talete di Mileto, fu il primo pensatore dei “naturalisti” o filosofi della physis (natura), nato e vissuto nella Ionia, tra gli ultimi decenni del VII secolo e la prima metà del VI a.C. 

Politico e scienziato, compose probabilmente i libri Sul solstizio e Sull’equinozio, forse un altro Astrologia nautica la cui paternità è dubbia. 



(1) Aristotele ci parla delle nozioni di questi popoli: “E cose analoghe ci riportano anche per gli astri gli Egizi e i Babilonesi, che per moltissimi anni, fin dai tempi più antichi, hanno osservato questi fenomeni, e dai quali abbiamo molte notizie degne di fede su ciascun astro”. De caelo, 292a, 5  
(2) Aristotele, Metafisica, A 3. 987 b 6 sgg. E 13. 983 b 17 e Simplicio, In Aristotelis Physicorum libros commentaria, 23, 21 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Passato alla storia come uno dei sette sapienti, fu il primo ad affermare che esiste un principio - che identificò con l’acqua -, da cui tutto si è originato, causa quindi di ogni cosa, una realtà che permane identica pur nelle sue diverse manifestazioni. 

Proprio pensando all’acqua, costruì morfologicamente la sua immagine dell’universo. Riteneva infatti che la Terra fosse come un pezzo di legno galleggiante sull’oceano (3), perciò sull’acqua, la cui agitazione era causa dei terremoti, e delimitata nella parte superiore dalla volta celeste. 

Sappiamo da diversi autori che Talete era in grado di predire un’eclisse di sole e i solstizi, e questo fa supporre, che la sua conoscenza astronomica fosse molto approfondita, probabilmente acquisita in Egitto, dalla casta sacerdotale. Non siamo certi però che fosse consapevole che un’eclisse di Sole è causata dall’interposizione della Luna, corpi che riteneva terrosi, come di altre affermazioni quali la sfericità della Terra, riportate dagli autori successivi, che potrebbero aver avuto l’intenzione di aumentarne il prestigio. 

Gli fu attribuita inoltre la divisione dell’anno in 365 giorni, l’aver fissato definitivamente le stagioni, e la capacità di misurare l’altezza delle piramidi dalla loro ombra. (4) Spesso citato per la sua saggezza, fu considerato principalmente uno studioso del cielo, e il più venerando fra tutti gli astronomi. (5) 



(3) Ibidem, 294a, 30. Aristotele non condivide questa opinione, in quanto si chiede come sia possibile che ciò che è più leggero, cioè l’acqua, sia posto più in basso di ciò che per sua natura è più pesante. Ibidem, 294b 
(4) Diogene Laertio, I, 27 
(5) Ibidem, I, 33 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Anassimandro di Mileto, più giovane di Talete, e suo discepolo, vissuto tra il 611 a.C. e il 545 a.C., scrisse un trattato Sulla natura, del quale ci è giunto un frammento, considerato il primo scritto filosofico dell’Occidente, nonché il primo testo in prosa dei Greci. 

Per Anassimandro l’archè è l’infinito, da cui deriva anche l’acqua. Il termine usato è a-peiron, cioè ciò che è privo di limiti, ossia ciò che è qualitativamente indeterminato, poiché è qualitativamente e quantitativamente indefinito e sconfinato. “Inoltre esso è il divino, perché è immortale e indistruttibile” (6) ci dice, attribuendo ad esso caratteristiche, che la tradizione prima conferiva solo alle divinità. (7) 

Secondo Aristotele, credeva che la Terra fosse in equilibrio al centro del mondo. 

Grazie ai Focesi, che avevano contribuito con le loro esplorazioni ad ampliare le conoscenze del mondo greco, Anassimandro aveva ricostruito una mappa del mondo, la quale presentava però molti errori, che in parte erano già stati evidenziati da Erodoto. 

Riteneva, che i contrari formano il nostro mondo in un alternarsi e in un sopraffarsi perenne, che genera l’ingiustizia, mentre il tempo è il giudice che assegna un limite a ciascun contrario, determinandone la fine o l’inizio. 

Il mondo quindi è originato dall’ingiustizia della scissione del principio primo, e vede il tentativo di ciascun opposto, di prevalere come unico superstite e dominatore, usurpando i diritti del divino immortale e indistruttibile. 


(6) AA.VV., I presocratici, Laterza, Roma-Bari 1975, p. 101 
(7) Secondo Arthur Armstrong, probabilmente Anassimandro immaginava la sostanza di forma sferica come il mondo-uovo orfico, un concetto trasferitosi ai geometri greci di età più tarda, che definivano la sfera apeiron. Cfr. A.H. Armstrong, Introduzione alla filosofia antica, Il Mulino, Bologna 1975. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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L’apeiron ha qualità ben diverse dagli dei omerici, in quanto non conosce né nascita né morte, e non ha perciò né inizio né fine. 

La genesi del cosmo è spiegata invece, dal movimento di caldo e freddo. L’elemento freddo, liquido per sua natura, sarebbe stato trasformato parzialmente dal calore della sfera periferica in aria, e parzialmente nei mari, e la sfera stessa, rompendosi, avrebbe dato origine al Sole, alla Luna e alle stelle. 

Il cielo, di natura ignea e di forma sferica, racchiuderebbe l’atmosfera “come una corteccia che circonda l’albero” (8), in cui si troverebbero a distanze differenti il Sole, la Luna e le stelle fisse a noi più vicine. 

La Terra, di forma cilindrica, “resta sospesa senza essere tenuta da nulla, ma rimane ferma a causa della distanza uguale da tutte le parti” (9). 

Il Sole invece è un cerchio il cui diametro, 27-28 volte superiore rispetto alla Terra, emette fuoco da un’apertura grande quanto quest’ultima. La Luna e le stelle hanno la stessa costituzione, ma sono di dimensioni inferiori: la Luna è infatti solo 19 volte la Terra, e brilla di luce propria. Qualunque eclisse è provocata da una momentanea occlusione della parte infuocata. (10) 

Pur nella primitività di queste rappresentazioni, Anassimandro ci lascia alcune intuizioni di grande importanza, come la concezione di una Terra sospesa, grazie a un equilibrio di forze, e non retta da qualcosa o da qualcuno, e l’idea che le prime forme di vita furono acquatiche, da cui possiamo desumere il concetto di evoluzione. 


(8) AA.VV., I presocratici, op. cit., p. 99 
(9) Cfr. Ippolito, Refutatio contra omnes haereses, I 6, 3 e Aristotele, De caelo, B 13, 295b 10 
(10) Il Tannery ha immaginato che, per fuoco, egli intendesse una sostanza sottilissima che s’illuminava solo nei punti scoperti. P. Tannery, Pour l’histoire de la science hellène, de Thalès à Empédocle, Paris 1887. 
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