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Mito di Giove, il re degli Dei, con Bifolco, Orsa Maggiore, Orsa Minore e Cigno 
Giove era considerato dagli antichi greci il re degli dei, l’anima del mondo, come lo aveva definito Platone, principio ordinatore del cosmo. 

Nella tradizione statuaria, egli viene rappresentato con le sembianze di un uomo maturo con la barba e le saette tra le mani, con ai suoi piedi un’aquila; unico animale capace di fissare il sole senza riportare danni alla vista; i suoi simboli sono il tridente e le stelle, a significare che egli regnava su cielo, terra e mare; quando agitava la sua famosa egida scoppiavano le tempeste. 

Figlio di Cronos e Gea, era scampato alla sua crudele sorte (Crono infatti divorava i suoi figli, essendogli stato predetto che uno di questi lo avrebbe spodestato) soltanto perché sua madre Gea lo aveva partorito di nascosto nell’isola di Creta, dove era stato poi allevato da due ninfe. 

Gea poi, avvolta nei pannolini una pietra, la porse al marito Cronos, che non si accorse dell’inganno: la ingoiò, come ingoiava tutti gli altri suoi figli. 

Sul monte Ida il piccolo Zeus fu cresciuto dalle ninfe Melissa e Adamantea. 

Divenuto adulto, il dio costrinse suo padre a restituire tutti i figli che aveva ingoiato facendogli bere con un inganno una bevanda speciale preparata da Metis, la sua prima moglie; dopo aver costretto con questa astuzia Cronos a rigettare i figli, lo detronizzò, sconfiggendo anche tutti i Titani, che lo sostenevano, e divise il suo potere con i fratelli: ad Ade assegnò gli Inferi e a Poseidone il mare, tenendo per sé il dominio del cielo. 

Pose come sede di tutti gli dei l’Olimpo e fu chiamato re degli dei e degli uomini. 

Giove era sommo regolatore della giustizia, interprete di ogni destino e capo di tutti gli oracoli, puniva la malvagità umana e le ribellioni degli dei. 

La sua sposa legittima fu Era, che era anche sua sorella e regnò con lui, ma, prima di unirsi a lei, Zeus ebbe per mogli molte altre dee e successivamente si unì anche ad altre dee, a Ninfee e a semplici donne mortali; ebbe perciò moltissimi figli ( Atena, Apollo, Artemide ecc.). 
Da Era ebbe Ares, Efesto, Ebe ed Eris. 

Il culto più antico di Zeus era a Dodona, dove sorgeva anche un suo famosissimo oracolo. 

Le feste in suo onore si svolgevano ad Olimpia dove sorgeva il tempio più bello dedicato al dio, con una statua meravigliosa di oro e avorio. 

Fu venerato con tanti epiteti tra cui Zeus, Xenios, Zeus Soter, Efestius, Gemelius, ecc. nel mito quindi, Zeus, è l’ordinatore del mondo, arbitro e contemporaneamente giudice degli uomini e degli Dei, colui che possedeva il fulmine con cui poteva folgorare chi voleva e come sterminatore puniva l’empietà, l’ingiustizia e la ribellione degli altri Dei. 

La costellazione del Bifolco è legata al mito di Arcade, capostipite degli abitanti di Arcadia, figlio di di Giove e di Callisto che, come tutte le ninfe al seguito di Artemide, aveva giurato di restare vergine. 

Nei racconti antichi, Artemide aveva la forma di un’orsa e Giove invaghitosi di Callisto, si sarebbe tramutato in orso per potersi unire con lei. Diversi sono i finali della storia. 

Si narra che Artemide, scoperta la gravidanza della sua compagna durante il bagno, piena di rabbia, l’abbia trasformata in orsa, oppure che sia stata Era, moglie di Zeus, gelosa della relazione. 

Arcade, non riconoscendo la madre sotto le sembianze dell’orsa, durante una partita di caccia quasi la uccise. Solo Zeus riuscì a salvarla, portandola in cielo e trasformandola nella costellazione dell’Orsa Maggiore. 

Alla costellazione dell’Orsa Maggiore è da sempre legata l’Orsa Minore, conosciuta anche come Piccolo Carro. 

Il mito infatti vuole che la trasformazione in orsa riguardasse anche Arcade e che i due, madre e figlio, vivessero nelle foreste in amorevole compagnia. 

Un giorno però un gruppo di cacciatori li scovò e cominciò ad inseguirli. 

I due animali allora fuggirono finché Zeus, che di loro era stato rispettivamente l’amante e il padre, decise di collocarli in cielo e di porli vicino al Polo Celeste, dove le stelle non tramontano mai, per non perderli di vista durante la notte. 

Abbiamo parlato prima delle numerose relazioni extra coniugali che ebbe Zeus e una delle tante leggende in cui si narrano le sue avventure s’intreccia con quella della costellazione del Cigno, uno dei tanti travestimenti che egli adottò per sedurre la ninfa Nemesi; ella, dopo aver cercato di sfuggirgli, non accorgendosi dell’imbroglio, offrì rifugio al dio sotto forma di cigno e da questi venne sedotta con la forza. 

Per altri invece il cigno rappresenterebbe l’amico di Fetonte, che a lungo pianse la sua scomparsa finché, secondo la mitologia greca, venne trasformato, per la consolazione, in cigno e trasportato in cielo. 

Figlio di Apollo, il dio del Sole, Fetonte volle a tutti i costi dare prova incontestabile di essere suo figlio. 

Pertanto un giorno chiese al padre di poter condurre il carro del Sole. 

Purtroppo non riuscì a controllarne i cavalli focosi e, uscendo dalla rotta celeste, precipitò sulla terra bruciando i boschi e le coltivazioni ed inaridendo fiumi e mari. 

Per salvare il mondo, Zeus lo colpì con una folgore e lo fece precipitare nell’Eridano. 

Secondo un’altra versione mitologica, il Cigno è “Cycnus”, re dei Liguri. 
 
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