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Senofane nacque a Colofone (Ionia) nel 570 a.C. Si trasferì in Sicilia e in Italia meridionale, viaggiò continuamente, secondo una sua testimonianza, fino all’età di 92 anni, vivendo come aedo. 

Il tema centrale dei suoi componimenti è la critica alla visione antropomorfica delle divinità greche, così come Omero ed Esiodo le avevano narrate. Divinità profondamente umane nei loro difetti e perciò poco divine. Colpendo la religione tradizionale e il suo politeismo proclamava l’esistenza di un dio unico: il Dio-Cosmo, non simile “né per figura né per pensiero agli uomini. 

Ritenne che l’intelligenza e la forza della mente fossero le virtù che miglioravano l’uomo. 

Non abbiamo testimonianze attendibili sulla forma che egli attribuiva all’universo, anche se sappiamo da Alessandro di Afrodisia, che pensava ad un principio limitato, sferico e completamente omogeneo (20). 

La Terra viene descritta piatta e senza limiti, in quanto in basso si sprofonda nell’infinito, e l’aria è illimitata. Il Sole, le comete e le stelle sono come nuvole che prendono fuoco col movimento rettilineo, mentre la circolarità del loro cammino diurno è solo un’illusione causata dalla distanza. Le stelle e il Sole si spengono e si riformano giornalmente, mentre la Luna è una nuvola compressa, che splende di luce propria e si rigenera mensilmente. 

L’eclisse avviene quando il Sole si ritrova su una regione disabitata, cioè un luogo vuoto. 


(20) Simplicio, Fisica, 22, 22 sgg. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Parla di più Soli e più Lune, secondo i diversi climi, regioni e zone della Terra (21). 

Afferma che "tutto nasce dalla terra e tutto nella terra finisce”, “terra e acqua sono le cose che nascono e crescono, e per suffragare le sue teorie segnala le presenze di fossili marini sulla terra ferma, ad esempio nelle cave di Siracusa, a prova che prima vi era stata l’acqua. 
Riteneva che tale situazione si sarebbe probabilmente ripetuta, ipotizzando, in una visione ciclica, una rinascita umana dal fango dopo lo sprofondamento della terra nelle acque. 

Parmenide nacque ad Elea, l’attuale Velia, tra Punta Licosa e Capo Palinuro, nella seconda metà del VI secolo a.C. e morì verso la metà del V a.C. Fu il fondatore della scuola, detta eleatica. 

Discepolo del pitagorico Aminia, ebbe un importante ruolo di politico e di legislatore nella sua città. 

Scrisse un poema Sulla natura di cui ci sono pervenuti il prologo, la prima parte e qualche frammento della seconda. 

Parmenide compie il salto dalla cosmologia all’ontologia e, con un procedimento che farà storia, fa esporre la sua teoria ad una Dea. 

Questo filosofo individua il principio della verità nell’essere stesso, sostenendo che ciò che è non può non essere, mentre il non essere non è e non può essere. 


(21) Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, I, 14. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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L’essere viene giustificato dal pensiero, in quanto tutto ciò che uno pensa è, poiché pensare il nulla significa non pensare affatto, conseguentemente c’è piena coincidenza tra l’essere e il pensare. Argomentazione questa che è stata definita dagli storici la prima formulazione del principio di non-contraddizione. 

L’essere è inoltre ingenerato e incorruttibile, eterno presente, senza inizio né fine, perciò immutabile ed immobile (22). Più volte accenna a definirlo limitato e finito, intendendo compiuto e perfetto, ed è probabilmente per questi motivi che pensò ad una forma sferica, a cui associò l’attributo dell’unità. 

Parmenide concepisce gli opposti nell’essere, al contrario di quanto era stato sostenuto dagli autori precedenti, ma commette l’errore di non differenziare l’essere, né quantitativamente né qualitativamente, dando origine ad aporie che non permettevano di dare conto dei fenomeni. 

Attribuisce anche alla Terra la forma sferica, forse prima di Pitagora, e la divide in cinque zone, di cui quella centrale è la più calda e non abitabile. (23) 

L’universo è formato invece da strati concentrici sovrapposti alla Terra, teoria che viene esposta per la prima volta. Lo stato più esterno, chiamato “l’estremo Olimpo”, è una sfera solida fissata dalla Necessità, e che ha lo scopo di essere il limite del corso degli astri. Segue uno strato di elemento sottile e, di seguito, strati di vario tipo. 

Nell’etere si trovano la stella del mattino e quella della sera, che Parmenide fece coincidere con la stessa stella (24), e la Luna ed il Sole, formatisi da materia che si staccò dalla Via Lattea, entrambi della stessa grandezza e di uguale natura ignea (25). 


(22) Parmenide, Sulla natura, 8, 7-8                                      (24) Aezio, II, 15, 4 
(23) Aezio, III, 11.                                                            (25) Aezio, II, 7, 1. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sostiene che la luce della Luna derivi da quella del Sole e il resto delle stelle è posto in un luogo infuocato, che denomina cielo (ouranos). Esse sono situate sotto il Sole e più vicine alla Terra, che è posta in posizione centrale, in equilibrio per una sorta di predisposizione a non cadere, mentre al centro di tutto l’esistente risiede una divinità, che governa il tutto e che generò Eros come primo figlio. 

I fisici pluralisti 

Empedocle di Agrigento nacque ad Agrigento nel 480/481 a.C. circa e morì nel 424/ 421 a.C. Ebbe una vita molta attiva, fu infatti filosofo, medico, taumaturgo e politico. 

Compose un libro in forma poetica intitolato Sulla natura e un Carme lustrale, di cui abbiamo alcuni frammenti. 

Sul filo di Parmenide sostenne che non esistono nascita e morte, nel senso di venire dal nulla e ivi tornare, quello che è stato chiamato in tal modo è semplicemente il mescolarsi e dividersi di alcune sostanze che permangono però nell’esistenza, eterne ed indistruttibili. Tali sostanze furono chiamate “radici” e sono l’acqua, la terra, l’aria ed il fuoco 

Egli attribuì a questi elementi l’inalterabilità qualitativa e la non trasformabilità, creando quindi la definizione, che è ancora valida per noi, di elemento, come qualcosa che, da un punto di vista qualitativo, non muta mai (26). 

I quattro elementi sono uniti dalla forza cosmica dell’Amore o Amicizia (philia) e separati dalla forza cosmica dell’Odio o Discordia (neikos). Superò quindi il monismo degli Ionici e degli Eleati, ed introdusse il pluralismo. 


 (26) Aristotele, Metafisica, 984a, 8. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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L’Amore o Amicizia, prevalendo, compatta tutti gli elementi in un tutto unico e crea l’Uno o Sfero, che non corrisponde però al mondo, ma al realizzarsi della perfezione. L’Odio o Discordia separa invece il tutto ed anche in questo caso non si genera la nostra realtà, per la quale sono invece fondamentali i periodi di passaggio, nei quali si ha la nascita e la progressiva distruzione cosmica, che implica l’azione comune di entrambe le forze. 

Secondo quanto dice Aezio (27), l’universo di Empedocle era finito, sferico, formato di aria condensata e solido. Le stelle di natura ignea sono incastonate nella sfera, mentre i pianeti si muovono liberi nello spazio. 

La Luna è costituita da aria mescolata al fuoco, ed è a forma di disco, sempre illuminata dal Sole. Il cielo è formato da due emisferi, uno di fuoco e un altro di aria mescolata a pochissimo fuoco, mentre la sfera è fatta ruotare dalla spinta del fuoco, le due semisfere si alternano sopra la Terra, dando luogo al giorno e alla notte 

Il Sole è immagine dell’emisfero infuocato formata dalla sfera cristallina, e si muove in accordo con tale emisfero, verso sud o verso nord con le stagioni, le quali sono create dalla prevalenza del fuoco che tende a giungere nelle regioni inferiori o dell’aria che giunge alle regioni superiori. 
Le eclissi solari sono invece giustificate con l’interposizione della Luna tra il Sole e la Terra. I pianeti sono anch’essi di natura ignea e si muovono liberamente nello spazio oltre la Luna. 

La Terra mantiene la propria posizione nel cosmo grazie al moto vorticoso dei cieli, che in principio era stato la causa della formazione dell’aria, generatasi per evaporazione dell’acqua sprizzata via proprio dal movimento. 


(27) Ibidem, II, 11. 
 
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