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Anassagora
nacque a Clazomene intorno al 500 a.C.,
e morì esiliato in seguito ad una condanna per empietà a
Lampsaco nel 428 a.C. circa. Visse per oltre trent’anni ad Atene, dove
studiò e si dedicò alla filosofia, scrivendo un
trattato Sulla natura, di cui ci restano
alcuni frammenti.
Concorda con l’opinione di Parmenide sull’impossibilità
che il non-essere sia, e che siano propri dell’essere sia il nascere che
il morire. I quali però non sono intesi correttamente: infatti si
devono considerare come la composizione e la divisione di elementi singoli
esistenti.
I quattro elementi non possono spiegare la
realtà così
come a noi si presenta, gli elementi o
semi (spermata)
dovranno essere quanti sono gli oggetti ed i fenomeni.
Questi semi qualitativamente uguali, detti con termine aristotelico “omeomerie”,
costituivano una massa in cui tutto era miscelato. Successivamente un’Intelligenza
produsse un movimento, che dal caos generò
l’ordine, dando origine a tutte le cose
(28).
(28) Simplicio, Fisica,
27, 2.
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Ogni cosa esistente è quindi una ordinata
mescolanza. Questi
semi non hanno limiti di alcun tipo, né
nella dimensione né nel numero né nella divisione, sono
infiniti, inesauribili.
Divisibili in parti sempre uguali. Quindi Anassagora
poté sostenere che tutto è in tutto o che in ogni cosa c’è
parte di ogni cosa.
Solo l’Intelligenza è indipendente,
non mescolata ad altro, sola, illimitata, la più pura, la più
sottile. Diede impulso alla rotazione universale,
affinché si generasse il moto rotatorio, che intraprese la formazione
di tutto e che coinvolge anche tutti gli astri, il Sole, la Luna l’aria
e l’etere. Fu il primo a concepire che
una forza estranea all’oggetto, non insita nella materia, potesse generare
il movimento e ciò segna un passaggio molto importante.
Anassagora non è ancora giunto a pensare
un immateriale, ma il suo pensiero è quanto di più prossimo
ci sia stato fino a questo momento. Platone
ed Aristotele lo criticarono proprio per l’uso di quest’Intelligenza, che
non viene usata in modo sistematico, ma solo per risolvere questioni problematiche.
Il mondo fu formato da una prima divisione
della massa originaria in etere, caldo e luminoso, e in aria, fredda e
oscura (29).
L’aria sempre in seguito al movimento rotatorio divenne acqua per condensazione,
che poi si trasformò in terra, che col freddo divenne pietra. Il
Sole seccò la terra, che all’inizio era fango, e le acque divennero
amare e salate.
(29) Teofrasto, De
sensu, 59.
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Parlando ancora del Sole dice che, nel tempo
solstiziale, viene respinto insieme alla Luna dall’aria ispessita dal grande
calore emesso, mentre il pianeta Terra
è sostenuto dall’aria che si trova sotto di sé.
Fu il primo a pensare ad una disposizione dei
pianeti cominciante dalla Luna, seguita dal Sole, e poi dai cinque pianeti,
che fu successivamente adottata anche da Platone ed Aristotele.
Le stelle sono, a suo avviso, delle parti di piccole dimensioni di pietra
provenienti dalla crosta terrestre, che non vi ricadono in seguito al movimento
rapido dell’etere di natura ignea, che gli conferisce luminosità
per attrito e di cui non percepiamo il calore a causa della grande distanza,
anche quando non ci appaiono più, proseguendo il loro corso sotto
la Terra (30).
La Luna divisa in una parte ignea e in una
parte terrestre deve l’aspetto, di quanto
è da noi visibile, ad una mescolanza di sostanze differenti. Affermò
che veniva illuminata dal Sole, e ci lasciò una descrizione fedele
e corretta delle sue fasi, delle eclissi lunari e solari.
Riteneva, che la Via Lattea fosse causata dall’ombra
gettata dalla Terra sullo spazio, che rendeva maggiormente visibili le
stelle.
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(30) Ippolito, Confutazione
di tutte le eresie, I, 8, 1 sgg.
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Pitagora e la scuola pitagorica
Pitagora nacque
a Samo, e il periodo più importante della sua vita è da collocarsi
intorno al 530 a.C., mentre la sua morte
risale probabilmente al V a.C.
Secondo il biografo Diogene Laerzio, Pitagora
fu un ragazzo avido di scienza, viaggiò molto proprio per questo,
recandosi presso i Magi e i Caldei ed in Egitto. Fu
iniziato ai misteri greci e barbari. Visse
a Crotone in Italia, dove governò queste popolazioni e diede leggi
ottime, fondando inoltre con i suoi discepoli una scuola, che divenne ben
presto famosa. Non sappiamo se viaggiò realmente o fu invenzione
posteriore, certo è invece quanto fece a Crotone. Fu
filosofo, religioso e grande matematico,
e le sue dottrine si diffusero ben presto in Sicilia e in molte città
dell’Italia meridionale. Politicamente creò un governo di tipo aristocratico
basato sul ceto emergente dei commercianti, che fu stroncato da un’azione
violenta, un incendio, che devastò la residenza della scuola e sterminò
la comunità pitagorica. Secondo taluni Pitagora morì in tale
occasione, secondo altri riuscì a fuggire e morì più
tardi a Metaponto.
Non possediamo nessuno scritto, poiché
Pitagora mantenne un insegnamento orale, nell’ottica di un sapere elitario
ed iniziatico. Il prestigio personale
da lui raggiunto fu tale che fu data sacralità alla sua persona,
e la sua parola considerata oracolare.
La sua scuola può essere paragonata
ad un ordine religioso, rigidamente organizzato
da precise norme di comportamento. Uno stile di vita proprio, che aveva
come fine il conseguimento del sapere e la purificazione della propria
anima, era quanto tutti gli adepti dovevano perseguire.
Essi credevano nell’immortalità dell’anima
e nella sua reincarnazione successiva,
rifacendosi probabilmente all’antico pensiero orfico. La novità
rappresentata dai pitagorici rispetto all’Orfismo è che la
regola e la via sono date dalla scienza,
la quale diviene fulcro e mezzo della loro escatologia.
Il principio fu da questi indicato nel numero,
inteso non solo come elemento di relazione tra i fenomeni, ma anche come
la loro sostanza. L’osservazione della
natura portava loro a credere che tutta
la realtà fosse immagine
dei numeri, e che questi fossero gli elementi
costituenti l’esistente.
Dall’osservazione della realtà, dove le
combinazioni numeriche e le loro ripetizioni sono frequentissime, ad esempio
nell’ambito musicale, e considerando, che nella matematica i numeri rappresentano
i principi primi, per associazione, questi ritennero che l’universo fosse
armonia e numero. Essi infatti scoprirono i rapporti armonici di ottava,
di quinta e di quarta.
Secondo i pitagorici i numeri possono avere due
caratteristiche: una indeterminata e una determinata. Quando prevale la
prima il numero è imperfetto o pari, quando prevale la seconda è
perfetto o dispari. Il numero perfetto
in assoluto era il sette, solo in seguito
per i neopitagorici divenne l’uno. I numeri
erano concepiti come corpi, aventi una massa, piccoli punti che insieme
formavano la materia. L’antitesi tra illimitato
e limitante fu concepita in senso cosmogonico, dove l’illimitato è
il vuoto dalla cui inspirazione, attuata da un Uno, si genera il mondo.
(31)
(31) I numeri rappresentano una quantità
indeterminata che si determina. Essi sono costituiti da un elemento indeterminato
o illimitato e da uno determinante o limitante. I numeri pari sono predominati
dall’indeterminato e sono considerati femminili, i numeri dispari sono
predominati dal limitante, sono più perfetti, e sono considerati
maschili.
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I quattro elementi invece coincidono con i
quattro solidi. (32)
Il numero è ordine,
e poiché tutto è determinato da questo, tutto è ordine,
che in greco è cosmos.
Anche il divino fu identificato col numero,
anzi con un numero, il sette appunto,
definito “signore di tutte le cose, dio, uno, eterno, fermo, immobile,
uguale a se stesso, diverso dalle altre cose” (33).
Il primo scritto riguardante queste dottrine risale
ad un contemporaneo di Socrate, Filolao, un pitagorico che, per ristrettezze
economiche, scrisse tre libri, poi acquistati da Dione Siracusano su incarico
di Platone.
Le informazioni su questa scuola le traiamo, quindi,
dai frammenti a noi giunti, e da alcuni scritti antichi. La scuola pitagorica
si estinse probabilmente intorno al IV secolo a.C., benché i misteri
religiosi suoi propri continuarono ad essere coltivati per tutto il periodo
alessandrino. Solo nel I a.C. riprese importanza nell’ambito degli studi
filosofici.
Sappiamo da Diogene Laerzio (34),
che Pitagora insegnava che il mondo è
formato da terra, acqua, aria, fuoco, e che ha forma sferica, oltre che
vita ed intelletto.
(32) La terra è il cubo; il fuoco
è la piramide; l’aria è l’ottaedro; l’acqua è l’icosaedro.
(33) I presocratici, op. cit., p. 473
(34) Diogene Laerzio, VIII, 25.
Collocava una Terra sferica al centro dell’universo,
abitata da ogni sua parte e dotata di antipodi.
Forse egli fu il primo a chiamare il cielo cosmo e la Terra globo, anche
se sappiamo che per Teofrasto il primo fu Parmenide e per Zenone Esiodo.
Fu il primo a riconoscere che la stella del
mattino (Fosforo)
e la stella della sera (Espero)
sono lo stesso astro, e descrisse la Luna
come un corpo simile ad uno specchio. Attribuì
ai pianeti orbite distinte, inclinate rispetto all’equatore celeste, e
colse l’inclinazione del cerchio zodiacale.
Come già detto, quanto sappiamo ci è stato trasmesso da Filolao,
perciò non siamo in grado di distinguere quanto fosse conoscenza
propria dei pitagorici, e quanto apporto personale dello stesso. Aristotele
ad esempio ci ha parlato talvolta genericamente di “pitagorici”, non nominandolo
espressamente, mentre Aezio ne fa una menzione limitata.
Riferendoci quindi alle notizie giunteci, parleremo
di “scuola pitagorica”.
L’idea cardine era che la Terra si muoveva
per un periodo di 24 ore, seguendo una circonferenza, e questo dava origine
alla rotazione diurna apparente del cielo e del Sole.
Al centro non era situata la Terra, ma il fuoco centrale o la Torre di
Zeus, intorno a cui si muovevano tutti i corpi celesti (35).
Esterna alla Terra si muoveva la Luna lungo
la sua orbita della durata di 29 giorni e ½, girando intorno al
fuoco, mentre “sopra” di essa, cioè esternamente, si muovevano intorno
al fuoco centrale tutti i pianeti, la cui orbita durava un anno.
Il fuoco centrale non era la principale fonte di luce e di calore, di cui
godeva la Terra, lo era invece il fuoco superiore, etereo, diffuso in tutta
la sfera dell’universo visibile, che faceva probabilmente riferimento al
chiarore della Via Lattea..
(35) Aezio, II, 7, 7.
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La Luna era ritenuta un corpo simile alla Terra,
abitato da animali e coperto da vegetazione, il cui giorno era lungo ben
15 volte quello terrestre.
Le eclissi erano probabilmente causate dal
passaggio della Luna attraverso l’ombra della Terra,
ma anche dall’ombra dell’Antiterra, di cui non abbiamo una definizione
precisa, ma sappiamo che fu introdotta da Filolao, per far giungere a dieci
il numero dei corpi celesti, poiché tale numero aveva per i pitagorici
un valore particolare, in quanto è la somma dei primi quattro numeri.
Inoltre si poneva l’ipotesi di un moto stellare
lentissimo da ovest verso est, affermazione che ha fatto pensare a qualche
studioso, che conoscessero la precessione degli equinozi,
teoria però non provabile.
La scuola pitagorica
ci ha lasciato una visione del mondo molto suggestiva,
certamente dominata dalle leggi della matematica, ma dove l’armonia vige
sovrana, e i cieli, seguendo le leggi di questa, creano una
bellissima musica di sfere, che le nostre orecchie, abituate da sempre
a sentire, non sono più in grado di distinguere.
L’importanza data al numero e l’influsso, che
le sue dottrine ebbero su personaggi insigni quali Platone, hanno lasciato
un segno profondo e talora percepibile. Nel suo rifiorire posteriore, in
unione con il platonismo, noteremo i frutti di una lunga elaborazione temporale,
che molto darà per il raggiungimento di scoperte fondamentali in
campo scientifico.
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